mercoledì 31 dicembre 2008

Resa

.

Del nuovo

Un bilancio lo farei, però con linee di stelle filanti e coriandoli nel pallottoliere, polvere di stelle che scende dai balconi e tabelline di dolci, cioccolata e visi buoni. Non devo capire niente di più di quello che già so, sarebbe per dire agli altri quello che ho preso, quello che ho rubato dalle parole, dai gesti e dalle canzoni, quello che avevo e quello che ho. Alla fine di qualcosa ripenso sempre al preludio e a come avevo pensato che andasse a finire, a come l’avevo immaginata io l’avventura, a come l’astronauta avrebbe salutato la moglie di ritorno dal viaggio sulla luna. Così faccio e non racconto, ripongo tutto in una scatola, e chiudo. E, manco a dirlo, riapro già dopo un minuto. Sarà nuovo, ma non sarà di tutti, solo mio. A domani.
.

Clandestino

Ho visto la ragione in un campo di filo spinato, nelle sacche di un barrocciante affaticato dal peso, tra le vesti delle mogli infelici. Ho toccato la ragione in una fiera di paese, sulle mani di un ladruncolo dagli occhi sanguinanti, sul banco dei pegni della gioventù, sulle scale della chiesa da bambina, la domenica. E alla fiera ho lasciato al rigattiere un comodino con una lettera sul fondo, chiusa in una busta, nascosta tra i cassetti che faranno da cornice al letto di qualcuno che la troverà, mentre pensa alla sua ragione, uno sconosciuto con tanti figli, stanco del lavoro e felice del tempo perduto, pieno di speranza e della mia immaginazione.
.

Condominio con piscina

Un carrierista dell’altro ieri bussa alla mia porta con un guanto di gomma, per non far rumore, e porta per mano la libertà. E’ una bambina ricoperta d’oro, con in braccio un grande cesto, che gli ha detto portami via ma non portare tutto il resto. E lui ha scelto così e si sente meno solo, bussa alla mia porta e sorride, sempre a notte pesta, mi racconta di arpe celtiche e di 2 a tutto spiano, di come sbadiglia al mattino e di com’è bello il tempo da passare invano. E si presenta davanti a me, che non merito una canzone, che vorrei dire poco ed ho un sacco pieno di parole, che lascio due righe da leggere in fretta, un pensiero che vola, dà un abbraccio, e non mi aspetta.
.

lunedì 29 dicembre 2008

Plagio

E scese a terra senza conoscere il sorriso lontano, nella città incantata e nel risveglio amaro, raccontò di porti e di partenze, della non fame e delle diffidenze, e l’astro nel cielo che dava luce non era poi così distante se poteva vedere nei suoi occhi tutte le stanze, da quella grigia della prudenza a quella lunga della distanza. Il mistero si era andato sciogliendo e la notte non portava, come dicono, consiglio, solo una barchetta era uscita fuori dal naviglio, ché non solo quel che si vede e si tocca è reale, e non solo quello che si sente è un’eco a svanire. E le mie parole sono solo giochi di bambina per chi da piccolo sapeva già che grande era, per chi le parole le dona senza avvertimenti, per chi dà buonumore all’incoscienza e fa aprire gli occhi per benevolenza. Per chi ringrazio e sa chi è, chi lascia un buon profumo, o quel che è.
.

venerdì 26 dicembre 2008

Forte

Gabbie gonfie d’aria in balia del vento, leggere e morbide, ballano col bello e col cattivo tempo. Il ragazzo seduto accanto alla finestra pesca corpuscoli di polvere e listarelle di cielo. Voglio, voglio, vorrei, voglio, volo da ostaggio. Breve, poco tempo, poche parole, ho fame. Vanno nel vento, li guardo e sorrido, piena di bene. Come palloncini, fieri e senza paura di perdersi, si lasciano trasportare, e io stasera sono contenta. E voglio, vorrei, voglio, voglio. Tanti nuovi visi e nessuno che guarda su. Un solo viso votato a guardare sempre lassù. Ai miei pensieri. Voglio.
.

lunedì 22 dicembre 2008

Cura

Capacità di immedesimazione. Sono un quadro con cornice classica, tanti colori a fondo verde (per quanto c’è di blu) tratti lunghi e curve. Sono appesa in galleria ed ho occhi. Chi passa lascia scie ed anche il modo di allontanarsi parla. Io non tratto con sufficienza ciò che non sento mio e nemmeno quello che non capisco, lego anelli ad una corda di juta, prendo la colla e la attacco sulla tela colorata. Tutto ciò che è reale è già contenuto a priori nella mia mente, ma si modifica a contatto con l’aria. Non è detto che io riesca a metabolizzare tutto, ho sentito dire di trapianti e di rigetti. Ma non è un problema, questo. L’importante è che tu capisca.
.

sabato 20 dicembre 2008

La paura

Il buio pesto della notte tiene chiuse le ali della farfalla con un elastico di gomma. Resta immobile, su una barca capovolta, a guardare impotente dalla terra ferma le onde del mare che vanno e che vengono. Al largo una balena riemerge per un attimo, il tempo necessario per emettere un suono che chiamano canto, che a sentirlo bene, non per sentito dire, è un urlo senza esserlo. Sta così, ferma a guardare, ad aspettare, ad urlare senza urlare. Speranze lasciate a battere i denti sulla banchina deserta di una stazione, e la paura ha il volto di una madre.
.

domenica 14 dicembre 2008

Apri gli occhi

Si diceva che a volte addirittura aprisse gli occhi. Arrivai in un androne dal soffitto alto, con al centro una grande scala discendente e marmo chiaro tutt’intorno. Una giornata piovosa, fredda, trascorsa fino ad allora ad aspettare quel momento. Salutai alcuni visi conosciuti di vista, scambiai qualche parola di circostanza con le sentinelle della sera, poi entrai. Un corridoio stretto e lungo aveva visto passare chissà quanta gente e la sua mente era rimasta incatenata a chissà quale dettaglio. Decine di corpi distesi ed inermi che aspettavano l’arrivo della primavera senza troppe pretese, e noi a guardare attraverso un enorme bicchiere di vetro. In una stanza era entrato il cielo stellato e “la legge morale dentro di me”.
.

venerdì 12 dicembre 2008

Coperta

Se fossi una conchiglia sarei grata alle onde del mare, lascerei intatto il fondo, senza tracce la traversata e troverei i resti chiusi a chiave di una città dimenticata. Sulla porta d’entrata inciderei il mio nome, nella piazza centrale popolerei il gran mercato, sulla schiera delle case farei le capriole, nel torrente dall’acqua bianca immergerei i piedi ed un cuore. Nell’ombra degli abissi c’è un luogo profondissimo in cui ogni parola è signora ed ogni sorriso un galeone, ogni lato ha il suo cancello ed ogni viso il suo cocchiere.
.

Dialogo

Disse “non dimenticherò” e le si disse “ritornerai”. Le strisce verticali sulla strada bagnata di una notte d’estate, pianificavano il cammino e suggerivano una canzone che tornerà spesso nella mente di una ragazza. E gli disse “son tornata” con una maschera in viso e gli occhi pieni di speranza. Gli alberi ormai spogli, di un autunno già passato, leggevano ad alta voce una poesia supplichevole, una lettera d’amore scritta in nessuna fretta in un tempo di tutta magra. Una mano dentro ad un’altra mano dice “non ho dimenticato”.
.

Ideocrazia

C’è chi scrive solo di rabbia, chi non trova più tra le sue carte stracce l’ultima nota dell’ultimo amore. Ho dipinto distese di neve, ho portato carri di note senza intonazione, ho scelto prima e creduto dopo. A buona ragione lo stato delle cose non richiede democrazia, lascia il suo ultimo appello ai giudizi della razza e sponsorizza la promozione della prima della banca. Tra le residenze di città e quelle di campagna a volte non si ritrova la via della dedizione e spesso ci si perde tra i fasti della pochezza. Capelli sciatti acciuffati in una pinza. Grettezza su grettezza, meno di due lire.
.

sabato 6 dicembre 2008

Amnios

Poscritto

Era mattina presto, faceva freddo e ogni colore fuori sembrava dipinto apposta per te. Su un biglietto quattro parole, lasciate lì per i sorrisi della sera, un pensiero premuroso, un’intesa da crampi allo stomaco. Avevi ragione, il mio tempo era legato ad una sedia, pendeva da un suono ed era schiavo della proprietà. Del resto niente da nascondere. Mi dicesti che un oggetto è solo un oggetto e che il motore degli eventi è forato da una parte. Stasera ho visto quel film con i tuoi occhi, l'ho cercato per lungo tempo e l'ho cucito senza aghi. La lampada sulla tua scrivania ne deve fare di luce.
.

venerdì 5 dicembre 2008

Promozione

Nella folla delle sei mi ci ritrovo sì e no, menti concentrate e un po’ sbiadite, davanti a me una ragazzina che piange e che dice “non lo so”. Il cantante col cappello fa sorrisi a tutto spiano, legge lettere d’amore come fossero menù e rivela, a chi non mangia, di avere una certa fame. L’appetito dell’artista è qualcosa a cui non pensare, rende tutto più modesto e tutto sommato da trascurare. Le scelte della fila hanno una corrente e più immissari, il ragazzo di colore fa passare un po’ alla volta e intanto pensa alla figlia, appunto, da sfamare. Vado via quanto prima, via da chi custodisce sonno a vagoni e tante fette di pane, chi predica bene e razzola male.
.

giovedì 4 dicembre 2008

D'altro canto

Sotto la campana si sta bene, vedo fuori e non si vede dentro, esco ogni tanto e rientro ogni più. Riesco ancora a non perdermi in un distratto viavai e a dispetto di quello che spesso voglio far credere, conosco ancora benissimo la composizione del solfuro dell’antimonio. La sorte mi ha insegnato che, a me, conviene dire cose importanti, perché, io, non ho, o forse non ho ancora, un baule abbastanza grande per contenerle. Una volta liberata torno a nuotare. Ricordi? La mia autostima è un bacino pieno d’acqua fino all’orlo ed è diffuso in tutto il volume il senso di non sazietà. Fatta la mia parte ritorno a nuotare.
.

Direzione

A tutta dritta. Respiro elettricità e sorrido all’autista dell’autobus che mi sorride dallo specchietto d’interno. Quella stessa sensazione. Mentre, nell’ufficio del colloquio, la responsabile del mio diletto mi parlava del lavoro di responsabilità che mi sarei trovata a svolgere, guardavo fuori dalla finestra. C’era un palazzo fatiscente, probabilmente del dopoguerra, con una struttura in ferro sul terrazzo, di quelle che servono per sorreggere le grandi insegne che si vedono fin dall’autostrada. Non c’era più nessuna insegna, e chissà quante anime. Ero piena di me. Mentre scendo respiro a pieni polmoni e non mi volto. Touché.
.

lunedì 1 dicembre 2008

Marina

Presa coscienza, mi siedo qui, gambe incrociate, senza dover tornare necessariamente dove avevo lasciato. Porto avanti lo zaino da dietro le spalle, lo apro e tiro fuori il secchio che porto con me da un po’ di tempo. Tolgo il coperchio ed immergo le braccia nell’acqua. Chiudo gli occhi. Risuona in testa una memoria, ho sceso milioni di scale dandoti il braccio, una delle mie preferite. Niente di nero, di triste, solo consapevolezza ed accettazione. In fin dei conti, a dispetto della critica, ho sempre voluto immaginare che fosse stata scritta in una giornata di sole, col cuore in pace e felice del trascorso. Mi siedo, chiudo gli occhi e ti vedo, Marina.
.