mercoledì 28 gennaio 2009

Levore

In questa chiesa, al centro esatto della città, non entra nessuno da decenni perché non ci sono crocifissi. Mi siedo sul pavimento grigio, di fianco alla porta, spalle al muro, testa piegata un po’ all’insù, gambe raccolte al petto, osservo il soffitto e le travi secolari allo scendere del sole. Le mani, pacifiche e distese, aiutano gli occhi, prendono coraggio e navigano in aria, sulle vetrate colorate crepate dal tempo, lungo tutta la parete, testimoni di spose date in pasto alla prudenza e alla misura. E’ inverno e sta per grandinare, ma da dietro l’altare esce fuori una bambina che conosco, mi corre incontro e non c’è freddo. Cresco tutti i giorni al riparo dal tempo ed ogni sera una persona pensa a me prima di addormentarsi.
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martedì 27 gennaio 2009

Virgole

Chi mi cerca non mi trova, nella sacca la pazienza, nella luce la memoria, nella stalla la speranza. Porto idee e accendo i lumi, nelle storie delle navi, trovo cuori e lascio incendi, trovo una mente e due denari. Il signore della pista mi ha detto che verrà, che saranno nuove le canzoni e che le poesie ce l’ho già. Nella notte della pioggia, la sorpresa è nella stiva, nelle giacche la preghiera e sulla croce la bugia. Chi ho cercato non mi ritroverà, per la strada delle star, lascerà la porta aperta invano e qualche mezza verità. Nei miei occhi c’è un segugio, punta dritto e non ti trova, torna indietro, cerca ancora, lascia aditi e si rabbona. Ho un cielo azzurro sopra la testa, un anello di latta e la banda in festa, una scena da sussurrare, un inchino, una coperta ed un bacio da inviare.
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Maestro

Le logiche del mercato le lascio alle persone più scaltre di me, a chi sa bene come si fa, a chi tradisce e non lo dice, alza il prezzo e mette lo sconto. Nel mio mare c’è il blu più blu, Chagall direbbe “chiamare fantasia ciò che appare illogico significa non capire la natura”. Ho molti dubbi e li custodisco, le mie certezze sono sempre in divenire, l’acqua nel pozzo trabocca e ancora piove. La casa fuori dalla finestra della mia stanza non è solo quello che vedo tutti i giorni, è lo sfondo della maggior parte dei quadri che dipingerebbero diligenti i miei pensieri.
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Il mio bene

C’è un microcosmo pieno di risentimenti, di parole mandate a dire e di silenzi fatti di fame. C’è un modo di fare che sottende la ragione, tiratore delle iene e domatore delle funi. C’è un muro di mattoni costruito con il sudore della fronte. E dopo chilometri io, altro, liscia come l’acqua, limpida come il vetro, disarmata come una resa. Nuoto e faccio il doppio della fatica, una domanda e pago milioni, una confidenza e lascio un occhio o una mano, una confessione e sono fuori. C’è Marco e c’è Sofia, c’è un gioco e una bambina, c’è uno spendersi e non c’è risparmio, c’è la forza di volontà. C’è un segreto che mi usa proprio dove ho trovato il mio tesoro.
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Purezza

L’avevo messo in conto, dietro l’angolo non c’era che una vecchia macchina parcheggiata e lasciata lì a marcire. La scintilla secolare tanto immaginata era il riflesso di me dentro uno specchio pensato e l’entusiasmo solo la trasposizione delle mie idee su una statua di creta. Per altre vie non si ritorna sui propri passi, ma è possibile che ci si ritrovi al punto di partenza, al momento prima della partenza, anzi. O forse al momento ancora prima, quando di partire non c’è nemmeno l’ombra dell’idea. Continuerò ad aspettare senza staccarmi da questo pezzetto di terra, che sarà di certo poco, ma è pur sempre solo mio.
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Di apparenze

lunedì 26 gennaio 2009

Qui

A terra, subito fuori il cancello di casa mia, c’è un coperchio di ferro. Ho pensato, e detto, che quando arriverà la guerra nucleare io mi andrò a nascondere lì sotto e tutti hanno riso. Ho riso anch’io ed ho pensato che tu non avresti riso, mi avresti guardato dritto negli occhi e mi avresti detto qualcosa da non aspettarsi ed io, allora, avrei riso ancor di più. C’è un tempo che non è più mio, che ho regalato o che mi è stato rubato, non lo so, è il tempo in cui penso ai forse, ai se, ai ma, ai vorrei, ai non voglio più. E c’è un tempo nuovo, che mi hanno regalato o che ho rubato, in cui un uomo cerca casa mia per nascondersi lì prima di me.
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Lentezza

E chi l’ha detto poi che le pagine di una rivista scientifica, donate con una dedica e lette in una notte da lampioni veloci, siano state accantonate definitivamente e che anche le assoluzioni delle nove abbiano già dato i loro frutti. Io so solo che vorrei sempre che il suono arrivasse prima della luce ad avvertirmi e che poi, però, restasse solo la luce a dirmi cosa ho visto. Mi vedi? Un ragazzo apre un foglio bianco piegato due volte e io lo guardo. E la luce mi racconta che cosa ho visto, sia prima che dopo il suono.
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martedì 20 gennaio 2009

Quarzo

Raccontò di aver visto nei miei occhi navi in fiamme e trecento lune accattivarsi altra luce. Sognò piazze deserte e desiderò che non venisse mai il giorno, lesse Dostoevskij anche per me e dopo mi parlò della civiltà, e poi ancora degli eroi, delle strade su cui non incontri mai nessuno e delle ragazze che non hanno nemmeno la metà della verità delle nuvole. Mi insegnò che le parole fanno dei giri interminabili se non le tieni bene a mente e che invece i profumi hanno tutto l’aspetto di uno spietato carceriere. E poi che le pietre laviche detengono il segreto che gli occhi buoni sanno già.
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lunedì 19 gennaio 2009

Isotropia

Domandano all’angelo della mattina. Prende fiato, si siede a terra, si sistema lentamente, poi comincia: “La finestra della sala da pranzo di sua nonna non fece in tempo a diventare abbastanza bassa per i suoi occhi e suo zio, chino nel campo, le sorride ancora quando si affaccia. Alcune lettere dell’altro ieri le dimenticherà su un autobus in un giorno di sole, sarà così che il fondo dell’armadio di una certa camera diventerà lucido come il marmo. In una sera di marzo non credette di poter morire ed una volta, scendendo le scale di casa sua, scoprì di essere importante”. Intreccia sempre senza guardare sette foglie di giunco con le mani.
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venerdì 16 gennaio 2009

Corpus Domini

Nel fango di una terra straniera un uomo cammina trascinando a fatica la gamba destra. Il peso degli anni passati nel tepore della sua casa di provincia, al caldo del focolare, si è trasformato in quello che vede, nel fumo all’orizzonte e nei rumori cupi portati dal desiderio del vento. Le bestie feroci con gambe umane, che popolavano i suoi libri da bambino, sono qui, cauterizzano senza ammettere narcosi ed infettano tessuti sani. Rivoli di piombo fuso corrono sulla terra satura e formano le lettere di una lingua primordiale di cui è impossibile perder memoria. Una bambina dai lunghi capelli neri balla a piedi nudi e ride forte nel vicino campo, infecondo e desolato, priva di sé.
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giovedì 15 gennaio 2009

Per me

Lascerai passare le idee come segni di debolezza, perderai per strada le mie piume colorate senza voltarti mai e crederai in qualcosa che mi somigli almeno un po’. Pensieri in gabbie d’acciaio ringraziano la chimica e pure la siderurgia, dormono e sognano, docili. Quello che sarò sarà fatto delle cose che non nascondo, le mie mani già lo sanno e raccontano tanto a chi le può lontanamente sfiorare. Stasera per caso ho trovato una canzone che parla di qualcosa che non ricordavo quasi più, un basso tintinnio. C’era un ciondolo. C’è un mare.
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mercoledì 14 gennaio 2009

D'inverno

Sai come sei? Sei come quel tipo che ha perso le chiavi di casa e, per tutta risposta, decide di accamparsi in giardino, sperando nel fiuto e nell’astuzia del cane. Il cane trova le chiavi, le prende e le seppellisce nell’orto, come fa con tutte le cose che sente importanti. Puoi scegliere di far qualcosa, ed il tuo qualcosa è rimanere lì. Diventi albero, metti radici, fiorisci d’estate e raggeli d’inverno. Va via la bocca, vanno via gli occhi, le orecchie, il naso, la pelle. Sei linfa che scorre, energia che si trasforma, speranza di pioggia solo quando c’è sole. E silenzio.
Una striscia verde in basso ed un taglio in cima. Spazialismo.
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domenica 11 gennaio 2009

Senza virgolette

Il ragazzo che abitava al piano di sotto mi chiese di che colore fosse la strada da cui venivo. Pensai alle gelosie di Francesca e a quando, all’università, sentii parlare per la prima volta di “path dependence”. Allora risposi vagamente, accennando solo ai riflessi di certi vetri, sperando che si accontentasse.
In me è cambiato tutto nel momento in cui ho smesso di pensare che una panchina in un prato fradicio di sole non è solo quello che è. Precisamente una sera, in una piazza, di fronte ad una chiesa in cui non sono mai entrata.
Mi porse su un piatto d’argento l’esempio lampante di speranze disattese. In generale non mi piacciono gli agenti interni, dissi sorridendo. A volte è divertente poter confondere con così tanta facilità.
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mercoledì 7 gennaio 2009

Arbitrii

Ci sono cose che vanno oltre le intenzioni. Gli spazi sono frutto di continue fusioni e le luci di alcune città si possono anche spegnere, con tutto quello che c’è intorno. La notte è come il giorno, sono solo due condizioni che dipendono da uno stesso fattore. Ho una mappa stellare aperta e stesa sul letto e qua sopra leggo quanto importa di me. Quando mi ritrovo davanti a spiegazioni che palesemente non sono mie accendo un faro in quello che per me è il nero più nero, più nero del buio. Prova, perché la notte è come il giorno. Anche la mia.
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sabato 3 gennaio 2009

Fuori sincrono

Accende, pensa alle sorprese, alle attese, sbadiglia, sorride. Una mano tra i capelli, un respiro profondo, un pensiero e la colazione. Gironzola, raccoglie attenzioni, racconta cose buffe, riscuote il suo bene quotidiano e ne sogna ancora. Apre la persiana, guarda fuori e pensa ad altri paesaggi, di immagini e di racconti, alle cose degli altri occhi. Chiude i suoi, va e torna. Non parla mai in terza persona. E non scrive mai in terza persona. Quasi mai.
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Per T.

: Dovrei dirti che poi non servirà, che dopo non servirà. Che poi non servirà più niente, che ogni pezzettino ogni giorno va via e che faccio finta di niente, io. Fino a quando poi più niente servirà. Ho detto degli altri e di te tra gli altri, ho raccontato il resto per non dire il prezzo, ho visto lontano ed ho scelto la via più lunga dove non ci sono percorsi più brevi. E ora sono a metà, e da qui, ogni giorno, ogni pezzettino va via. C’è un posto, in una città di provincia, in cui ogni pezzettino andato via torna a trovarmi. C’è un posto e ci sono io.
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giovedì 1 gennaio 2009

Prima della neve

Giunse la rivelazione direttamente dalla bocca della sirena, recitata come il più ordinario dei canti, il più candido dei racconti. Un rito ancestrale apriva il sipario e l’unico spettatore, in un teatro gremito di gente, osservava attonito la rappresentazione, portato lontano per mano delle parole. Tra viottoli sassosi arsi dal sole d’agosto, di fianco a muri di calcio bianco e tufo, un re d’altri tempi impersonava il suo tormento e declamava pedissequamente la sua domanda, perenne, indefettibile. Immortale. Come poteva, con le sue stesse parole, identiche e mai dette, ripetute a mente milioni di volte. Era proprio lui, cuore di sirena, al confine estremo dello spazio e del tempo.
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