domenica 29 marzo 2009

Terza fase lunare

Un’immagine nuova è fissa nella primavera, distesa in un primo pomeriggio assolato osservo fiocchi di polline bianco volare indisturbati fino alla prossima città. Polline, nuvole, vento, un albero si lascia dondolare aiutato dalle prime foglie tornate dall’inverno. Quando me lo chiederanno, il mio mondo sarà così, insolitamente non popolato, solo un posto dove continuare a stare. Nessun luogo lontano dall’oggetto ideato è proprio del suo creatore, nasce in un cuore arrabbiato, muore in una testa pesante, riaffiora in un viso che ama.
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mercoledì 25 marzo 2009

Agorà

Dentro i trattati di Winckelmann hai bevuto il nettare degli dei, serrate le file e messi in riga gli stolti, comprato l’ultimo lume per nobile semplicità e quieta grandezza. Non l’ho dimenticato. In cosa credo? Sono stesa sul prato della facoltà di fisica e sto scrivendo. Resterai all’ombra mentre il sole picchia ed uscirai alla luce quando c’è vento in attesa che decida cosa è meglio per me, cosa è meglio per te, come mangiare il cuore di un essere vivente. Ascolta, tesoro mio, io sto per andare via.
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Fèria

Tornando a casa penserai un po’ a me. Coloro il cielo e i tetti delle case. Scenderai in strada e fermerai il traffico perché flotte di navi in fiamme arriveranno dall’orizzonte con i loro carichi dimessi e poco importanti. Ai passanti racconterai di me. Traccio linee curve ad alta quota. Taglierai per i campi ed intreccerai fili d’erba perché eserciti di soldati in trance marceranno da ovest verso est con i loro stivali sciocchi e senza dubbi. Porterai in braccio un’idea che con la tua voce parla di me.
Io sono acqua cheta e onda alta. Non ti far ingannare dalla tua idea di me.
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martedì 24 marzo 2009

Diagnosi

Non ricordo più tanto bene le ultime parole, era orgoglio misto a sfinimento, due braccia senza forza che lasciano la presa, lasciar cadere per centinaia di metri, non curarsi dell’atterraggio. Un “a risentirci” e poi tutto purché fosse altro, almeno dei pioli che portassero su Marte e dichiarare, tutto sommato, di non chiedere tanto. Sto contando ogni parola, ogni fiato misto a vento, ogni sera d’ora d’aria, ogni discesa senza corsa, ogni passo riverente. Ogni blu su nero.
Brivido è sintomo. Ora so la differenza.
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giovedì 19 marzo 2009

Sotto casa

La scena è madre, le mani buone lasciano un filo d’oro tra le ciglia di chi cercava comprensione. Ho gli occhi spalancati di una bambina. Dentro la scatola c’è un foro quadrato per il sole ed un campanello che suona apposta per il grillo, nascosto da anni là dentro: col suo cappello buffo sempre in testa, scrive centinaia di protocolli con una Smith Premier. Il verbo è dovere, il tempo signore, il modo potente, il participio sostantivato. Chiede la parola.
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mercoledì 18 marzo 2009

Minus

Il sereno è partito con la sua valigia di spago e cartone, lascia impronte profonde e voci smarrite dove la pioggia finisce e comincia il sole. O la notte forse, persa nelle note di un cantante senza mantello, quella che mi ha confidato un segreto, che un pretesto era buono e di motivi nemmeno mezzo. Chi ha messo in pratica il detto di dire a nuora perché suocera intenda, ha usato una presenza per far riferire ad altrui il nesso, rinunciato ad ogni proposito buono, usato un viso senza pretese per uno scopo senza autore. Chi si illude che l’altro non abbia capito sottovaluta il prossimo suo che per stile non usa di certo riscontri per spronare il carro invece dei buoi.
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lunedì 16 marzo 2009

Una storia

E se stanotte sognassi un fermaglio e scendessi le scale per non domandarmi ancora, accendi la luce ed apri gli occhi, perché il sale nella credenza non vuole proprio più saperne di uscire. E se facessi cadere una cartolina con su scritto dove andare, sotto il tappeto le nasceranno le radici e poi i rami, perché il tuo cane mi cerca ancora quando piove. E se tornando a casa vedessi la mia fede davanti la tua porta, e le chiavi di casa non ti chiamassero dio, raccogli le lacrime e nascondile bene, perché il mio silenzio non vale più di mille parole.
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domenica 15 marzo 2009

Cacciagione

Ero sola in casa così ci siamo messi a parlare, di tante cose, del militare, di quando c’era solo un treno, della luce che c’è in certe giornate d’ottobre. Gli dico che ciò che fa il passo è l’andamento del cocchiere, quando lo ascolto con attenzione, ho una bomba tra le mani ma conosco il dispositivo, ho imparato prima a conoscere e dopo a sapere come lasciar scegliere di poter andare. Quando è notte è notte su tutte le strade, non serve una mano tremante o un aereo in partenza, le sue rughe lo sanno bene. L’orientamento è il suo consiglio e mi chiedo come mai allora parla così forte del rancido del suo stesso sangue o della prua della sua marcia nave. La stella polare in confronto è un’invenzione, io lo vedo che il coraggio e il senso della dignità vincono contro la barbarie.
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In foto

sabato 14 marzo 2009

Del tutto

La curiosità degli altri entra nelle vie e bussa alle case, ma non alle porte, sui vetri delle finestre, e un viola acceso cola giù dai muri a cercare un po’ di spontaneità. Quando mi hai guardato negli occhi hai visto come vedo io, quella notte del venerdì santo ce ne siamo andati via, lontano dalle cantilene e dalla disattenzione. Era un periodo da domande risolte, da quello che vuoi ed il resto lo lasciamo agli altri. Mi hanno ricordato che mi cerchi ancora, come se le chiese non riaprissero mai, nemmeno di domenica. Ma quando arriverà la mattina mi calerò giù dal tuo balcone e, andando via, non mi girerò nemmeno una volta, proprio come ai vecchi tempi. Allora ti volterai dall’altra parte e ricomincerai a sognare tuo nonno.
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Firma

Aveva una somiglianza impressionante, oppure ero solo io. Dico di non saperlo. Esco dall’aula ed un ragazzo alto mi riconosce, mi saluta e tutto quello che mi viene in mente è il momento subito prima, quello da foto. Sono incontentabile, ci penso mentre torno in facoltà, eppure non vorrei essere tanto diversa. Ultimamente spesso esco la mattina e rientro la sera, stacco la spina dalla presa prima di uscire e la riattacco quando rientro. L’altro ieri ho trovato chiuso, in biblioteca. Sono incontentabile e non vorrei essere tanto uguale.
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domenica 8 marzo 2009

Buona vita

Guardò la vallata che si spiegava per chilometri davanti ai suoi occhi e cercò di immaginare come sarebbe stata, se avrebbe ritrovato le abitudini degli abitanti del vecchio pianeta e se l’ultima androide lasciata sulla Terra avrebbe conservato i suoi stessi ricordi. Andò via che aveva già imparato a conoscere la sua fragilità ed aveva convissuto per un po’ con i suoi colori. Gli erano piaciuti da subito, ma sempre più spesso negli ultimi tempi gli apparivano stranianti, estranei alla sua natura. Era uno straniero in terra straniera, ma da lì, ora, il suo futuro gli sembrava già meno cupo.
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martedì 3 marzo 2009

Rivisitazione

“E’ qui quello che ho da dirti?” lesse e ricordò qualcosa. D’istinto chiuse gli occhi, come se il ricordo dipendesse dalla vista o il buio potesse annebbiare la mente. “Perché mi tratti come un’estranea?” si era fatto medicare il dolore con amorevolezza ed aveva finito per non perdonarselo più. “Mi hai mai visto con i tuoi occhi?” le catene erano state spezzate ed i pesi nascosti, ma i filtri del non dire erano ancora lì, nel tradimento. “Qual è il vero senso delle cose?” chi ha grazia guarda all’intenzione, mezzo o fine non importa, nessuno si aspetta l’inquisizione spagnola.
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Di nebbie

Voi che potete voi che non sapete
voi che dormite ancora
e non mi vedete
lasciate tempo al tempo
e che le lanterne illuminino
proprio questo momento
la sconosciuta sorrideva al violinista
e lo straniero aveva lune messicane
e un mucchio di ricordi da gettare in soffitta
e legno nel cuore legna come carbone
per la fornace e i denti di questo motore
di questo battello che danza
e si inabissa nel vapore
e lasciateli guardare lasciateli incontrare
e che il fiume impari e disimpari la loro canzone
e li lasci ballare li lasci perdersi e ritrovare
Voi che sapete voi che non potete
voi che sognate ancora
e non li conoscete
lasciate tempo al tempo
e che le lanterne inventino
un altro firmamento
la sconosciuta si stringeva nel suo bolero
e lo straniero aveva occhi lontani
e un buffo cappello nero
e spago nel cuore spago come cotone
per i mille anni e le schiene di questa piantagione
di questo chiavistello che brilla
e si spezza nel sole
e lasciateli guardare lasciateli sfiorare
e che il fiume impari e disimpari la loro canzone
e li lasci inciampare li lasci correre via e non tornare

Luca

lunedì 2 marzo 2009

Scomparse

Scrive vicino la finestra sotto un cielo pieno di nubi. Guarda fuori e pensa che la ragazza del giornale oggi aveva gli occhi gonfi e poi che la ragazza d’acqua dolce ha finalmente smesso di chiedersi come mai. China leggermente il capo e torna a guardare il foglio. Picchietta con la punta della penna sulla scrivania e cerca le parole; da un po’ di tempo gli vengono in mente solo quelle che si possono pensare, l’importante è che non si dicano. Rinuncia, lascia la penna, apre il cassetto e ci ritrova la paura. Lo sbrana sempre lì, ogni giorno.
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