domenica 30 novembre 2008

Diaclasi

Stasera, alla tavolata, ero seduta di fianco a lei mentre parlava di certe cicatrici, mi son voltata e ho visto i suoi occhi pieni di lacrime. L'avrei voluta abbracciare. Ho distolto lo sguardo e ho fatto finta di non essermene accorta, per non metterla in imbarazzo e per non peggiorare la situazione. Un giorno lontano qualcuno le aveva preso la mano e poi, dopo anni, le aveva rivelato il nascondiglio. Era troppo tardi per fermarsi a guardare, per assaporare quel che c’era ancora di dolce, per non sentirsi dire di mettersi l’anima in pace. Non c’era giorno che non desiderasse. Non c’è notte che non sogni.
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sabato 29 novembre 2008

Nirvana

Silenzio tutt’intorno e scivolo nel blu, via dal resto. Muovo le braccia e sono già metri più in là, trattengo il respiro e nient’altro. Vorrei poter stare così per almeno altre sei ore, sospesa, andar veloce senza passi, scivolare, senza freni, senza forza di gravità. Riemergo solo per riprendere fiato, poi torno giù, dove non esiste notte e non esiste giorno, non i posso né i vorrei. Qualunque cosa è immersa in un solo possibile colore e tutto il resto è fuori. Non i rumori né le facce stanche, e nemmeno la pioggia, o le rondini. Solo io. Come un pesce.
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mercoledì 26 novembre 2008

Annosità

Sarai un cielo di primavera e ti riconoscerò. Dopo scontri fortemente perseguiti e frasi dette apposta per colpire, dopo che il tempo avrà arato la terra e dissotterrato i semi, torneremo a guardarci negli occhi e a riconoscerci, da estranei. Mi ricorderai di quella sera d’estate, seduti su due altalene, in cui mi hai aperto gli occhi, ti parlerò di quella mattina presto, d’inverno, quando forse svegliammo qualcuno. Ci rideremo su. E ti racconterò di tutti i dopo che non sai. Parleremo senza parlare e saranno gli occhi, a ridere.
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Calore

Di doni ricevuti ho il cuore pieno, tra parole dolci e gesti delicati, gente amata, rimasta, andata, cercata, trovata, mai per caso, credo. Persone pazienti, dall'animo benevolo, che sorridono ai capricci, convincono ritrosie, e fanno di virtù necessità. Fondata la casa e montata la caldaia, ritrovo qui la mia serenità, metto il pigiama, spengo le luci, accendo il camino, mi siedo e chiamo il gatto. E ascolto: "è una canzone che può essere solo di un certo autore, dedicata ad una persona in particolare che ha nel suo nome il canto del mare, una persona nobile, dal sangue blu, come blu sono le onde del mare e come blu è il suo colore". Un cortese assenso, a te, Gentile, senza altre possibili parole.
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martedì 25 novembre 2008

Sviluppi V

Nell’attesa ho girato nella stanza per lungo e per largo, imparando a memoria le abitudini, i limiti, i paletti, i confini. Col tempo la parete di destra si è assestata, quella di sinistra si è ammuffita e di porte solo l’ombra. Allora ho allungato un braccio e l’ho disegnata io, proprio come la volevo io, con la maniglia sferica giallo oro, gli infissi di ferro battuto con i ricci, le tavole di legno una affianco all’altra laccate lucide. E sono uscita. Non volevo, ma ho letto messaggi in codice, concetti impliciti, silenzi pallidi. Di piombo se ne è parlato e forse se ne parlerà, di zavorre, per tempeste passate, lasciate lì, per sicurezza. Ma io che c’entro, il mio albero diceva altro. Io non c’entro. La musica la sento, ma mi hanno detto (mi sono detta) che è solo l’impressione, ed ho finito per convincermene. Sono uscita, ma la porta è accostata e gli occhi ancora chiusi. Fammi tornare.
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Di autoconvincimenti

Mi sono richiamata all’ordine talmente forte che adesso quasi ci credo davvero.
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mercoledì 19 novembre 2008

Bastione

Nella notte fonda della città, camminando piano, cerco con la mente il lato giusto della torre, il lato opposto dei pensieri della corrente del fiume. Mi fermo un attimo per non perdere l’equilibrio e vedo nel viso di chi mi sta affianco un posto lontano. Fermi su una balconata, appoggiati alla ringhiera, guardiamo dall’alto chi dice che la guerra è qui, fradicia di fame. Una luce verde incide gli alberi della quiete e apre un foro nel buio dell’ignoranza. Una voce narrante diventa bocca ed un colpo di pistola diventa folla. Sorrido e abbasso gli occhi.
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Burla

Si sfila la pelle ad ogni chiaro di luna e se la rimette per preferire chi non c’è a chi c’era. Si spoglia di una certa identità e la ripone per bene nell’armadio, decanta la propria leggerezza ad una bambina come farebbe un cantastorie d’altri tempi. Vende immagini a caro prezzo. Il vestito da sposa, color del pianto, lo rincorre da una vita con una rosa in mano, tentando la scalata di un uomo alto non di più di un nano. All’anagrafe gli hanno regalato una mantella, unico dono di una vita, per questo ci tiene, e si vede, non la mostra a chicchessia. Torna indietro e la trascina sulla sua misera via.
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martedì 18 novembre 2008

Apprendimento

Un modello per eccellenza. La notte entra negli occhi ed insieme a lei predono forma le storie raccontate a quattro occhi da chi ne sa più di me. Dalle parole abusate a quelle usate, un filo di lana rossa dalle mie dita alle sue. Il principio della modernità è una diga di cemento armato e mi si chiede indietro la scocca. Basta una vita piegata al lavoro, di chi non deve niente a nessuno, che lascia il posto ad un libro ricevuto senza chiedere nulla, a farmi incamerare l’aria a pieni polmoni. E’ così bello dover qualcosa a qualcuno. E scegliere a chi doverne. Rivendico buoni pensieri e sani principi. Invece di adularla, insegnatele che la menzogna è l’origine di ogni male.
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domenica 16 novembre 2008

Ergonomìa

Identità

Marchio a fuoco le differenze. Tiro la corda e porto in superficie il secchio del pozzo della collina più alta del Mondo intero. Si svende magia. Nell’armadio del prete ho trovato una croce di fili di lana e alla festa del creatore ho visto gente volare. Io vivo di passi verso di me e di sentir chiamare il mio nome. Il lunedì sera vedo passi e sento chiamare, ma chi tradisce, come tradisce per cercare di arrivare a me, tradirebbe me per cercare di arrivare altrove. Il prossimo lunedì gli venderò che vivo ad Atlantide e che mi chiamo Artemide, per non vomitare.
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Senza traccia

In un giardino alberato, d’agosto, con il sole basso dietro ai palazzi, un ragazzo e una ragazza parlano di un libro. E’ un libro di quelli complessi, con molti personaggi, alto quanto un dizionario, donato da una madre premurosa. Cosa faresti se non mi sentissi più? Scriverei di te sul muro della mia afflizione e a chi mi chiederà chi sei, racconterò della tua vocazione al pianto e di tutto quel che non sei. Riconoscerai te solo te e quando passerai di qua busserai alla mia porta. Treno in partenza e acido lattico di corteccia cerebrale.
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mercoledì 12 novembre 2008

Fotocatalisi

Leggendo delle riflessioni su un periodico nazionale mi torna in mente, senza nessun apparente nesso, un film visto anni fa; c’era il protagonista immerso in una cultura oceanica, impavido e senza senso del pericolo, che navigava per acque sconosciute con una sola intenzione. Il fine a cui tende un’azione, anche se non espressamente dichiarato, a volte è visibile benissimo ad occhio nudo ed io, disegnate da qualcuno quattro linee di confine, sono portata a fermarmi ed aspettare. Non do credito a chi dice che un libro aperto e spiegato faccia spegnere il lume che permette di leggerlo. Chi non crede nella luce del sole merita solo lealtà artificiali.
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Seconda fase lunare

Una volta uscita a passo accelerato sulla strada pensavo di trovare l’ombra della mia finestra. Le macchine sfrecciano e falciano persone, e spazzano via ogni pudore. Genti che gridano, straparlano e schiamazzano cose che non direbbero mai con uno specchio davanti. Rientro e con sollievo ritrovo il mio giardino, rientro nel mio, dove la grazia non conosce alcuna merce di scambio. Quando mi assegnarono una mansione di carattere prevalentemente intellettuale, mi prefissi un vago obiettivo. Lo puoi trovare scritto su uno dei quattro lati del mio armadio.
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martedì 11 novembre 2008

Da fuori

Una gabbia di ferro circonda le tue braccia. Fermo, dietro occhi di vetro e bocca di ghiaccio, cerchi di proteggerti dalla primavera di qualche anno fa. Parole senza freni, sorrisi come sabbia di mare, canzoni da non riascoltare, sguardi da evitare, gente che non ci piace, amici da preferire, atteggiamenti da annunciare, prismi da decifrare. Dove son finiti? Il passato è remoto ed il futuro è già qui, non aspetta. E’ possibile accettare, senza demolire per comprendere quel che non si vuol capire.
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lunedì 10 novembre 2008

Forme

Un’arte ingombrante ed un pensiero da peso specifico del piombo. La sua scultura non entrava da nessuna parte e nella sala del gran galà misero solo la testa. Il naso però c’era, proprio come l’aveva plasmato lui, a punta e sproporzionato. Che l’idea della bugia aleggi ancora nelle sale si dice dappertutto, ma sempre rigorosamente a bassa voce. Ieri mi hanno detto che chi non provoca non è. E io oggi ci penso ancora.
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sabato 8 novembre 2008

Verosimile

Uscì sulla veranda. Capelli castani, morbidi sulle spalle, occhi che scrutano il cielo. Le gocce di pioggia che picchiano sulle foglie appese ai rami raccontano di colori lontani. Ripensa a “da quando sono qui mi piacciono i giorni di pioggia”. Pensa al pensiero di un ragazzo, alla forma del suo viso, alle rughe dei suoi occhi quando sorride, alla mano quando stringe. Si siede sulle tavole umide e continua a guardare. Il cielo si apre. Poi una musica. Buongiorno.
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mercoledì 5 novembre 2008

Molto più di così

Occhi grandi per guardare. Se avesse avuto una lente per ogni stagione, avrebbe dipinto l’essenza della gioventù senza grane, accompagnato ogni sguardo allo scorrere del tempo, ogni mano al suo sposo, ogni mendicante al suo pugno di sale. Tra i banchi delle chiese e le finestre socchiuse delle notti d’estate, vaga in cerca del suo pennello senza crine, di immagini riflesse in occhi altrui, di porte lasciate aperte apposta per spiare, di sogni dimenticati o abbandonati a finir male. Porta speranze e regala illusioni, dona senza chiedere, non cerca nascondigli e continua ancor prima di iniziare.
Occhio di bue nella penombra: luce. Canta sempre senza cori.
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domenica 2 novembre 2008

Soffio

Piume bianche più della neve, più bianche del bianco di questo foglio. I racconti di chi ha visto portar via un braccio mentre salutava, o una gamba mentre camminava, sono fotografie senza volti e trecce tagliate senza essere sciolte. Una lavagna è sepolta sotto un albero secolare e i suoi gessi sono riversi a terra a formare gocce di nuvole che non portano pioggia. Chiamate qualcuno che non faccia crescere l’erba, che falci alla radice tutto quel che è irriverente, che tolga ogni traccia di disumanità. Piume bianche, più bianche della schiuma di un mare lontano da qui, agitano l’aria che entra nei polmoni, che galleggia nel sangue, che porta elettricità. Tratteggio i contorni per non dire chi non c’è, per lasciare intatto il torace, ed il cuore mio lì dov’è.
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