martedì 25 novembre 2008

Sviluppi V

Nell’attesa ho girato nella stanza per lungo e per largo, imparando a memoria le abitudini, i limiti, i paletti, i confini. Col tempo la parete di destra si è assestata, quella di sinistra si è ammuffita e di porte solo l’ombra. Allora ho allungato un braccio e l’ho disegnata io, proprio come la volevo io, con la maniglia sferica giallo oro, gli infissi di ferro battuto con i ricci, le tavole di legno una affianco all’altra laccate lucide. E sono uscita. Non volevo, ma ho letto messaggi in codice, concetti impliciti, silenzi pallidi. Di piombo se ne è parlato e forse se ne parlerà, di zavorre, per tempeste passate, lasciate lì, per sicurezza. Ma io che c’entro, il mio albero diceva altro. Io non c’entro. La musica la sento, ma mi hanno detto (mi sono detta) che è solo l’impressione, ed ho finito per convincermene. Sono uscita, ma la porta è accostata e gli occhi ancora chiusi. Fammi tornare.
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