domenica 20 dicembre 2009

Lampade e cenere

Il tempo non convince e non confonde e, preso un treno non voluto, quello che in realtà dice ancora è “tu dove sei”. Medicherei ogni minuto e brucerei ogni chilo di carbone in più, ma sarei sempre altro, e non sarei niente, e nemmeno sorriderei. Scarpe di un altro colore e regali di natale feriti bisbigliano prudenza e pretesti, suggeriscono pensieri buoni e gesti misurati. Ma sai cosa penso io stasera? Che si può morire di buon senso.
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sabato 12 dicembre 2009

Recensione prolissa

Gli altri, tutt’intorno, seduti già o in attesa del loro posto, incatenati ad una strana immobilità, avrebbero potuto essere soldatini di piombo persi una sera d’inverno da un bambino del dopoguerra, o statue senza bocche né occhi rubate all’architettura di un’era remota. Andando via devo aver attraversato il fondo di un oceano asciutto, ricordo solo bastoncini da ardere e foglie di un albero visto in foto qualche tempo fa. Però dev’essere proprio così, se le scarpe sono piene di sale.
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mercoledì 25 novembre 2009

In riferimento

Indovina. Lascio entrare un po’ di luce e guardo il colore del legno dell’infisso, resta chiuso anche per me, gli dico. Chi chiede ancora delle mie ciglia al sole raccoglie più che briciole, oggi mi hanno riferito di tesori e stelle filanti, ho raccontato di occhi aperti anche la notte e di pensieri lasciati fuori, al freddo dei cieli senza nuvole. Ho un braccialetto largo intorno al polso ed una frase in testa: “chi si immola?”. Parlo in codice, sì, ma attento, niente è al caso. Candela, brucia libera anche per me.
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domenica 15 novembre 2009

Di tesori

Un ragazzo cammina tra i vicoli della città del carnevale, ha una busta in mano e finestre aperte per l’estate. Non so chi stabilisca l’inizio di ogni cosa, ma mentre parlo di te, immagino quello che non ho vissuto, che ti ha portato fino a qui. Ogni attenzione, ogni premura, ogni pensiero inatteso, lascia una scia, e una candela persa nell’universo sta bruciando da entrambi i lati, per noi: non uso mai immagini note, ora un’eccezione, per confermare la regola, nota anche lei, delle cose in comune. E chissà quante altre a pochi minuti da qui.
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Un bacio

In una dimensione sconosciuta, persa conoscenza, entrata nel fondo del tuo specchio e cercato di mostrarti il fuoco che hai perso per strada, mi trovo altrove. C’è una passione nuova, ho volato sopra ad un faro, ho guardato il mare dall’alto ed il blu intenso, al ricordo, strappa alle mie labbra un sorriso. “Spero che un giorno smetterai di fare confusione tra il dolore ed il piacere, la paura ed il bisogno di ferire”. Già, il motore dell’azione delle mie mani in questo momento è solo ricordo e volontà di lasciare un saluto, compiuto, sentito e definitivo. L’approdo è in un prato verde, il mare è ormai lontano.
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sabato 7 novembre 2009

Malto (seconda autocitazione)

Sarai un cielo di primavera e ti riconoscerò. Dopo scontri fortemente perseguiti e frasi dette apposta per colpire, dopo che il tempo avrà arato la terra e dissotterrato i semi, torneremo a guardarci negli occhi e a riconoscerci, da estranei. Mi ricorderai di quella sera d’estate, seduti su due altalene, in cui mi hai aperto gli occhi, ti parlerò di quella mattina presto, d’inverno, quando forse svegliammo qualcuno. Ci rideremo su. E ti racconterò di tutti i dopo che non sai. Parleremo senza parlare e saranno gli occhi, a ridere.
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Speciale

Oggi voglio immaginare che tu sia su un’isola deserta, con i tuoi “ritornerai” e gli sguardi di quando c’ero ancora io affianco a te. Ti dedico una cosa, idealmente, una riserva, un rifugio da chi non ti capisce, una penna per buttare fuori la rabbia quando ti chiudi nella tua stanza e lasci che gli altri affoghino nei loro pregiudizi brutali, un foglio blu per le matite che ti lasciai mesi fa. Quando ero bambina e fuori pioveva, il letto era una zattera ed il piumone un foglio di cellophane, navigavo al largo prima di dormire, respiravo nebbiolina salmastra e credevo ancora nel bene e nel male. Oggi, l’approdo, è tutto per te.
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lunedì 2 novembre 2009

"..." (una promessa)

per me, che seguo in questo buio la mia lucciola
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Non rimanere

Ciclamino

Dice “inonda tutto”. L’aveva pensato, lui, la sera che gli dissi di diventare nuvola, l’aveva creduto da subito che un solo dio non avrebbe potuto farmi cambiare idea. Le notti a seguire le tiene dentro ad un armadio che non apre mai, gli abbracci in fondo al pozzo che sta al centro del suo giardino, e tutto d’un tratto il motore dell’Universo diventa solo l’idea di una sirena che sogna ancora Atlantide. Una volta all’anno mi ricordo di cosa è importante, per il resto faccio da me. Acconsentirei ad ogni piccola richiesta se non fosse per il bene che gli voglio.
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giovedì 29 ottobre 2009

Senza più ritorno (prima autocitazione)

Gli attendenti sono fermi al varco ad aspettare, attenti, un cenno. Li guardo senza farglielo notare e prendo tempo, e ne ho da comprare. C’è altro. Quando ti stancherai di me, dammi in dono ad un impiegato d’ordine, mi farei più piccola di una formica, passerei in silenzio tra la fila e me ne andrei a Timbuctu. Il pensiero resterebbe certo al punto di partenza, ma lo respireresti solo come respiri l’aria, e cosa c’è di più sollevante di un fastidio impercepibile. E poi, zitto zitto, tornerebbe da me.
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martedì 27 ottobre 2009

Finestrelle

Se non ho scelto altro, ho scelto le parole, d’altronde il piede avanti rimproverava da tempo quello dietro e diceva alla mano di chiudere il palmo, adesso se le crepe della soffitta sono un po’ più profonde di un graffio da scartavetrare è fatto nuovo, io le benedico e le coccolo. La scena più probabile arriva sempre verso la fine, in un film in costume so bene chi interpreterei, la lampada dalla luce gialla inquadrerebbe solo le mie gambe e un pensiero attraverserebbe veloce la quarta di sala. E’ che a volte ho come l’impressione che mi tratterrebbe con sé (il sostenuto meno il mezzo), chissà, forse mi cercherebbe anche per contare insieme il resto, se non fosse per i suoi occhi carnivori. Se non fosse per i miei.
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sabato 24 ottobre 2009

Primo

Le disse “portami via, non pensiamoci più”, le strinse la mano e presero il primo treno per il paradiso. Non salutarono nessuno per non piangere, si lasciarono alle spalle una vita intera passata insieme per prenderne altre due, si promisero qualcosa senza parlare. Il pensiero più ricorrente saranno le ultime parole proferite con la sua voce, o quelle che crederà di ricordare, le parleranno di premure ed attenzioni, di feste in compagnia per non sentirsi sola, di lacrime trattenute dentro agli occhi e di baci sognati come quando erano due adolescenti.
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domenica 18 ottobre 2009

Parentesi e telecronaca

Seduto sulla sua sedia azzurra, incatenato da anni tra i fili dell’alta tensione, ascolta le solite lagne della ragazza che piace a tutti, perché lei sì che è una grande comunicatrice. Chi tradisce, tradisce sempre, si sa, però certo che le orecchie abbassate e le canzoni da diabete fanno effetto, non ha senso negarlo, nemmeno ai figli che non avranno mai. Torneranno insieme ed in tutti gli anni che verranno lui penserà sempre, segretamente, che ogni giorno è buono per scoprire un nuovo sotterfugio, letto direttamente negli occhi di lei che non ha pudore nemmeno di negare il vero, perché il ritegno non si compra al supermercato. Saranno due persone infelici che cercheranno di compensare come si può i buchi neri lasciati l’uno dal proprio orgoglio e l’altra dall’egoismo, troveranno di nuovo buoni disimpegni, fatti di carne ed ossa, a cui racconteranno, ma senza dirlo mai, di essere buoni. Lui tornerà a farsi trattare all’infinito da parente acquisito, raccolto con pena una sera che era solo e, per grazia ricevuta, inserito d’ufficio in uno di quei gruppi di amici in cui tutti sono simpatici, in cui guai a dire il contrario, in cui guai a pensarlo davvero.
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giovedì 15 ottobre 2009

Di passaggio

Che poi inizio sempre a raccontare dagli occhi, mi viene più facile. Forse ho trovato chi resiste più di me, mi imbarazzo e mi distraggo per prima e comincio a non dare risposte per pura disattenzione. Stamattina ero due file più avanti, mi sono voltata solo per ascoltare il ragazzo in fondo alla sala, ma è una bugia. E’ bastata la coda dell’occhio per vedere un sorriso pronto e la persona più sicura di sé che abbia mai incontrato. Ed un’aria spavalda da prendere a schiaffi. Però ci penso, all’antipatia a prima vista.
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mercoledì 14 ottobre 2009

Fumetto

Finita la volata iniziava una discesa, nel verde sette dita di carbone e quattro di fantasia, il tuo cappello volato via da chissà dove ed un fumetto di Gionni Galassia. Nel gioco, la mia scala era dentro il cubo ed i lati di colori diversi, mi hanno detto che significava qualcosa, ma le interpretazioni adesso non mi interessano più. Alcune azioni (o non azioni) non distruggono, semplicemente dematerializzano, e Gionni Galassia alla fine ci tornava sulla terra, ma non gli credeva proprio nessuno.
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domenica 11 ottobre 2009

Cantuccio

Nuoto ancora in quella piscina, so di chi mi sta a guardare e mi piace, viro senza alzare lo sguardo. Ogni mattina sono lì, mentre tu scendi le scale e pensi all’inverno, mi fermo al centro per darti il buongiorno e poi ricomincio, ti faccio un sorriso da dietro il vetro per ricordarti che mi ritroverai. Mentre non ci sei penso a me, al mio modo di dare e di lasciar andare, alle cose imprescindibili, la compostezza, la discrezione. In questo preciso istante ho fermato per un attimo il tempo, tutto il resto scorre; sai, mi ritrovo in un futuro che non ho desiderato per prudenza.
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Diacronia

Detto questo, se avesse potere, Luigi invaderebbe l’afoso Egitto, mentre Antonio farebbe il dittatore qui per almeno 100 giorni. Io che farei. Mentre ci penso mi torna in mente per caso l’oroscopo di ieri, letto non a caso, con ironia e in pausa pranzo da Lorenza, e mi scappa un sorriso, se avessi potere ecco che farei, recluterei un esercito dedito all’avverarsi di quello che dicono gli oroscopi, che tanto male non dicono mai. Ogni scienza è una scienza perfetta per convenzione ed ogni legge ricorre ad assunzioni assurde ed anche un po’ ridicole per funzionare in assoluto. Mica proprio io vorrò essere da meno.
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mercoledì 7 ottobre 2009

^_^

"Amore mio non sempre tutto volge per il verso giusto, ma non è soltanto a causa del maltempo se il raccolto è andato perso, ed è buffo come a volte il tempo scorra meglio del previsto. Un panico incombente ci costringe ad addomesticare un fervido sorriso, un benessere improvviso, è forse una remota speranza la felicità, godersi il sole in dicembre. Non molto lontano da qui nevica. Non molto lontano da qui la gente escogita dannose corse in preda all'ansia di tornare al punto di partenza e dimentica il peso della posta in gioco e il come e quando, mentre fuori piove. Amore mio non è una colpa il non saper gestire la gioia, il fatto di trovarsi a proprio agio nel dolore, nella rassegnazione, ed è naturale come a volte ci forziamo di ignorare il gemito costante delle nostre reali inclinazioni, il margine di errore di un'incessante sottrazione."
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lunedì 5 ottobre 2009

Aspettatemi

In un sogno senza nodi da ricordare, l’edera non cresce lungo il muro, esce dal cemento e calpesta un po’ di pigrizia. Soprattutto non avevo mai visto due mani così fantasiose, disegnare in aria velieri e strisce di cielo color piombo, ed aspettare che la ruggine si prenda carico delle impronte lasciate l’altro ieri. Si fa giorno molto lentamente a questa latitudine, il sonno è un carceriere senza chiavistelli da serrare e la sera porta in braccio un figlio cieco. Aspettatemi, devo imparare a memoria una negazione in un mondo che non è il mio. Sarebbe incomprensibile solo se tutto questo desiderare non fosse così vero.
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domenica 4 ottobre 2009

Fieno

Ci sono nuvole e da tempo sta per piovere da un momento all’altro. Il vento mi passa la sua dose di dedizione e buona volontà, porta con sé altre nuvole, più basse, e fa di più del suo lavoro. Un bacio sul collo. E se non volessi scappare? E nemmeno ripararmi. Gli impressionisti usavano prevalentemente colori forti perché il quadro potesse prender vita, erano onesti e coraggiosi. In questo periodo imparo con occhi tristi, non mi difendo affatto, eppure mi sento viva come non mai. Sono onesta e coraggiosa. E fiera di me. Aspetto la pioggia, che forse piove già.
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Sentito dire

Dalla cima dei capelli scende lentamente un pensiero. Non conoscerò mai un sapore. Ci pensavo oggi, guardando dritto negli occhi a volte metto in imbarazzo, e quando lo faccio apposta dopo mi viene da ridere perché è sempre con qualcuno che così sicuro come sembra non è. E non avrò mai bene in mente un certo odore, mai così bene da risentirlo in luoghi impensabili e sospirare. Qualcuno che adoro non mi vuole, è importante. Il resto mi passa davanti alla velocità della luce, lui rimane fermo al centro dell'inquadratura, come in un videoclip, e lo adoro. Sono la persona più dolce che gli altri abbiano mai conosciuto.
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venerdì 2 ottobre 2009

Sotto la pioggia

In mezzo alle lettere e alle parole, ai luoghi e agli spazi più o meno definiti, alle intenzioni e soprattutto ai desideri, c’è un solo momento. Sparisce tutto, musica, testi, strilli tutti intorno, un ubriaco che fa chiasso, occhi puntati addosso. E sparisce la pioggia. Una sera dissi una cosa a priori, credo sia passata inosservata, se non altro dimenticata, ma era importante ed io sapevo di dire la verità. Era la spiegazione di una certa prova del nove. La prova del nove di un momento, sotto la pioggia.
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martedì 29 settembre 2009

La forgia

Bisogna imparare dai pratici, togliere per non appesantire e portarsi dietro il meno possibile, di modo che nel ritorno non si veda l’ora di arrivare. Il vero romanticismo è quello di quando si sente la mancanza di ciò che si ha, lasciato da parte, da qualche parte. Mi ripeto cose, ma è tutto nuovo qua. E so che c’è una ragazza che mi ruba spazio (no, non sono io). Ho l’affanno anche da seduta e sospiro, non accetto inviti, tranne qualcuno. Deve essere proprio così, proprio come mi è stato raccontato tante volte, io immaginavo sempre una sedia di ferro in mezzo ad una stanza senza mobilia, e invece. Non si può immaginare, io, ad esempio, sono un prisma che ruota sul suo asse.
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domenica 13 settembre 2009

Ferma qui

sabato 12 settembre 2009

In seconda visione

Cosa penso. Ho la netta sensazione che tutto quello che posso non basti, che ho un pensiero ricorrente, come i sogni, che rinunciare mi è sempre pesato meno degli altri, fino ad oggi. Sono fiera, ma incontentabile, ho sempre deciso tutto io, sicura di me come di nessun altro, ho fatto anche soffrire. Ed è cambiato tutto perché l’ho voluto io. Qualcuno che mi conosce da tanto non mi riconosce più da tempo. Non posso cancellare le cicatrici, non ho il potere di alleviare il dolore, o di farlo dimenticare, nessuno ce l’ha, ma “quando soffrirai di nuovo ci sarò io accanto a te”.
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Efficace

«La memoria soggettiva - e quella dei diari, che è la più soggettiva fra le memorie - scompagina ogni oggettivizzazione del passato: nel diario un individuo scrive un pezzo della sua storia, e della Storia attorno a sé, col suo linguaggio, dall'alto o dal basso della sua cultura, con dichiarata parzialità, implicitamente affermando e rivendicando la non oggettività dell’operazione. Il contrario di ciò che si pretende dalla storiografia, che giustamente diffida dell'attendibilità delle testimonianze personali»

Francesco De Gregori, da "La stampa"
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venerdì 11 settembre 2009

Un diario

Non parla di lei come se ci fosse ancora, la vede davanti a sé. Immagini kitsch e resoconti da tv hanno inquinato una cultura senza falle, scrive pagine intere senza nemmeno commettere un errore. Io immagino il suo futuro, e come lo potrà immaginare sua madre, cosa penserà di lui il vicino di casa indiscreto e non lasciato insoddisfatto. Come deve essere una vita così, con un senso preciso e predefinito, lo si capisce dai verbi, non è necessario avere un particolare spirito d’osservazione. Nella piazza con la chiesa al centro, un uomo continua a cercare fantasmi che da anni non sono più lì. Ci penserà il vento.
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Nemmeno poco

Per ogni parola detta e non inseguita accendo un cero, la notte prende la strada più giusta ed io con lei. Portami i tuoi cesti di vimini rivestiti di arazzi fallati, da lontano sembrano la cosa più bella mai inventata, da vicino reclamano i miei cerini da mercato delle pulci. E non parlo di spazio, parlo di tempo, perché i termini calzano per entrambe le convenzioni, ma la qualità, quella non è da tutti. Un minuto di silenzio per un cuscino che muore dissanguato, in questa notte volutamente solitaria. Un armadio nuovo per una mente che pensa, che invece di svuotare butta e ricomincia.
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giovedì 10 settembre 2009

Capitolo chiuso

Trovare me è impegnativo. Le parole dette non le dimentico e le cose dette tanto per dire, i treni partiti per inerzia, i nascondini da grandi, le stupidaggini che non lo sono, il sentirsi faraoni, l'atteggiarsi a capaci di tutto e non lasciare niente per davvero, non li sopporto. Do delle illusioni a fin di bene, prima di tutto il mio. E a quanto pare non c’è nient’altro di veramente sensato e meritato da fare.
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mercoledì 9 settembre 2009

Segno

Qualcuno ha espresso un desiderio per il giorno del suo compleanno, è lontano e non torna, si fa sentire come può. Ho fatto un disegno per te che non posso spedire, sono anni che è nel cassetto del comodino vicino all’armadio, se passi è ancora lì. Ieri mentre eravamo in cucina mamma ti ha nominato, io ho fatto finta di non avere fretta di voltare lo sguardo verso la finestra, il cielo era limpido e non ho detto altro, oltre un “già”. Non so come funziona, ma se puoi quando dormo popola i miei sogni.
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Zucchero

E se facesse più freddo scenderei le scale, prenderei la bici e correrei verso l’idea di sole più vicina, attraverserei i campi gialli e infuocati, mi fermerei solo un attimo per bere da un cristallo fresco e pulito appena pensato. Lascerei incustodita, per alleggerire la corsa, la mia borsa di cuoio, con la certezza di ritrovarla nel viaggio di ritorno, saluterei il blu e lo convincerei, gli direi una cosa all’orecchio con la mano vicina alla bocca, sussurrerei un “io” e dopo tutto il resto. Sprofonderei in un pomeriggio d’estate di tanti anni fa.
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sabato 5 settembre 2009

Master

Gioco nel tuo cielo. Posso usare le stesse parole poche volte, quindi stai zitto ed ascolta, ho detto. Vedi com’è, la notte della luna nuova, la prima cosa trovata per coprire gli occhi, i piedi che non sono a terra, eccetera. E quindi? Hai voluto credere di no per pura ingenuità, ma c’è un’alternativa a questi giorni stracolmi di te, e a tutto. Un cieco congenito non ha mai visto niente, eppure sogna lo stesso immagini come chiunque, e la specie continua a preservarsi, a sopravvivere ad ogni barbarie. Inizia da questo momento a serpeggiare tra le strade della città la voce del tempo che fu, ma io ho da subito, e da prima, pensato ad altro. Tra le parole ci vogliono anche parentesi, fattene una ragione.
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lunedì 31 agosto 2009

Ottobre 2003

Quando racconterò di te per quello che eri non sarà più primavera, le città deserte rimarranno vuote e le mie gambe porteranno in giro solo un po’ di malinconia. Una sera di ottobre, partendo dove il viaggio finisce e comincia la strada, farò girare la vite nella sua giusta sede ed inizierò a contare i passi che portano fino a casa mia. Tanto è bastato. Le finestre allargheranno gli occhi e tireranno un sospiro di sollievo, per chi è lontano senza esserlo, e si prende cura, e conserva in mano una piccola margherita gialla.
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Casa della lumaca

Aspettavo tra la folla, l’ultimo palco era più grande e la pioggia non avrebbe trovato ostacoli per il suo lavoro. E chissà che fai. All’improvviso l’inquadratura si allarga, non sono più solo una tra gli altri, ora sono solo un cerchietto rosso in ripresa aerea, poi solamente un puntino, poi nulla in una grande distesa, poi nemmeno nulla, tra le galassie. E’ merito della tenerezza, che può solo uccidere, nient’altro, altrimenti cosa si prova a sentire il lieve frusciare di matita su un foglio, anche solo immaginato. Un attimo dopo: "torna tra noi, anonimi e distratti, non senti le nocche che battono sul guscio duro?"
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Quel che leggo

Ho cercato nel cassetto: scrissi con una sincerità tale che credo di non aver avuto mai più. Ma non era solo sincerità, era di più forse, non voglio dirlo, non l’ho mai capito e credo non sia poi così importante capirlo. Ieri sono passata per caso davanti casa tua ed ho avuto la sensazione che il bianco ferro laccato, di fronte al rosso terra battuta, lascia bruciare gran parte dei terminali nervosi, la pelle attenta ascolta gli occhi ed arriva in aiuto al respiro, i muscoli tendono a contrarsi in attesa che il cuore rallenti. Ho lasciato qualcosa di me che non riavrò tanto facilmente, per nulla. Non mi dispiace, per nulla.
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sabato 29 agosto 2009

Dopo lo spazio

Un sogno

Parcheggio, scendo dalla macchina e mi dirigo verso il luogo dell’appuntamento con gli altri. Mentre cammino noto sul ciglio della strada una scarpa da donna rotta ed abbandonata lì. Mi fermo un attimo; all’improvviso mi torna in mente che la notte scorsa ho sognato un fiume che scorreva in un campo ricoperto di foglie rosse, era primo mattino ed ero scalza, forse l’avrò visto in qualche film strano, uno di quelli che mi consiglia sempre Claudio. Riprendo a camminare. Ci saranno almeno 3 milioni di storie in questa città.
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venerdì 28 agosto 2009

Privativa

Mi è stato fatto notare che quando si chiudono le palpebre, quel nero non è proprio nero, e poi si cominciano a (non) vedere strane forme, ad inventarle senza farlo, voglio dire. Quindi il mio nero io lo faccio diventare blu, guarda un po’, tranne quando fuori c’è troppa luce, perché allora diventa bordeaux e non ce se la fa proprio a cambiarlo. Ma sì, era per dire che è tutta colpa delle inconsapevolezze, che quando si sommano poi sono peggio delle telefonate inutili che svegliano la mattina, presto o non presto. Affitto per ferie un paio d’occhi fatti di buio, altro che Totò truffa.
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Penitenza

Mi sono girata e rigirata prima di scendere, dal letto. E’ che tutti i pensieri del mondo mi hanno strizzato l’occhio e detto chiaramente quale era, di tante, la cosa da non fare. Mi vogliono bene, loro. Io un po’ meno. E poi che colpa ho se tutto cambia secondo dopo secondo, dentro, e invece fuori tutto è tale e quale da al-meno più, all’incirca. Succede di ascoltare ma non essere proprio attenti ed appena un attimo prima di navigare tra pensieri oziosi, ma coscienziosi. Disobbedire è un’arte, modestamente.
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Lebewohl

Aspetterò altro e niente, fuori le mura. L’ultima intenzione è stata solo rimandata qui, ho creduto di essere veramente decisa nella mia scelta, poi sono di nuovo tornata sui miei passi, ma a quanto pare lo ero davvero. Sono stata neve bianca appena scesa, cielo chiaro e vaniglia. Sono quella formichina indiscreta e silenziosa che non dà nell’occhio né quando arriva né quando se ne va. Sono grata e sicura, sono entrata e uscita già, ho la testa dritta e lo sguardo verso est (quando il giorno dura quanto la notte). Quando so cosa fare si capisce da quello che comincio a non dire più e tutti si preoccupano, perché io dico sempre molto. D’altro canto, invece, i palazzi della prossima città saranno altissimi, me l’ha raccontato un viandante che porta in mano il suo cuore pulsante, e che mi dice di non poter non rubare la mia serenità. E che mi fa ridere. Non ripartire.
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mercoledì 26 agosto 2009

Terzo capitolo

Non credere mai fino in fondo a quello che dico, nuota a mezza altezza, proprio dove è più difficile stare. Ad esempio, per gli appuntamenti compro sempre un’agenda nuova che perdo puntualmente un attimo dopo aver scritto la prima nota. Faresti meglio a non pensare che io sia un uomo di cui non fidarsi, ma non è che tenga poi molto alle tue idee in gabbia, puoi farne ciò che vuoi, io non batto ciglio, stanne certa.
Ho comprato delle garze nuove, ma subito dopo ho pensato che era stata un’idea stupida, un gesto che ti avrei concesso di non apprezzare. Come quella volta che il dentista mi chiese di nuovo di te, io gli dissi che dall’ultimo piano, dove ero salita, eri solo un puntino e proprio per questo doveva trovare un modo per fissarmi meglio la mandibola all’osso temporale. Mise dei chiodi tubercolotici. Ho imparato perché l’osso temporale si chiama così, non ha niente a che fare con la pioggia, nemmeno lui.
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sabato 22 agosto 2009

Secondo capitolo

Ho smesso di interessarmi al colore delle tue guance quando hai gettato via il mantello di lino nero, sono stato sempre attratto solo dal mistero, lo dimostrano i graffi tra gli spilli ed i segni che mi porto appresso. Ho trascinato le gambe in alcuni momenti, dopo essere caduto a terra a suon di colpi mortali, d’altronde l’ambiguità la venero da sempre, ed ancora, è come adorare il dio del male, sì, ma non è un problema quando si prova gusto a sguazzare nel proprio sangue.
Non ricordo più il motivo per cui hai cominciato a lasciarmi da sola camminando avanti e senza voltarti, ma mi basta vedere lo spacco dietro la tua giacca per dirmi che ricordare non è importante quanto rendersi conto di cosa si vede di giorno con gli occhi aperti ed in piena coscienza. So cosa dovrei fare per stare meglio, ma non voglio cedere all’avvilimento del pensiero e dell’onestà. Riesco ancora a guardarmi allo specchio.
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venerdì 21 agosto 2009

Primo capitolo

Ho immaginato molte volte la Terra vista dallo spazio, io che orbito senza controllo, lentamente, allontanandomi piano piano da questo ciglio di catrame e marmo. Dell’ultimo bar in cui sono stata ricordo le scarpe del signore con la barba, credevo non ne facessero più da anni, e probabilmente è proprio così. Il viso della ragazza che mi stava affianco lo disegno io, ciglia lunghe e cattive.
Eri una di loro, quando sono entrato e ti ho vista andar via, ho lasciato cadere un foglio a terra tra gli aghi di pino, che se vogliono scrivono, non avevo più la forza di leggere le stesse parole imparate a memoria, ormai, ed avevo fretta di bere altre fascinose bugie. Era proprio lei. Saresti ancora una di loro se non avessi creduto davvero che avrei potuto portarti via pur sapendo benissimo che la terra vista dallo spazio non è cosa per noi.
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sabato 8 agosto 2009

Prologo

Lei era fatta di luce e teneva in mano una cartolina ricevuta in regalo qualche tempo prima. Era seduta alla sua fermata a gambe incrociate e guardava con indifferenza passare, arrivare e ripartire un secondo dopo, ogni carrozza di quel mondo che non era il suo. Era lì per puro caso.
Lui era ricoperto di spilli appena poggiati sulla pelle, pronti ad entrare di nuovo, pronti a non farlo sedere mai, ricalcava ogni notte su carta velina il profilo della luna per non dimenticare mai più il principio statistico dell’errore di stima. Era lì per una non sua precisa volontà, scientemente comprata a prezzo pieno.
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martedì 4 agosto 2009

Introduzione

Seppur con riserve ed accorgimenti, ho raccontato storie reali, scene viste o anche solo immaginate di persone che esistono ed osservo, e che siano coscienti della loro posizione o che facciano finta di niente, ora vivono irrimediabilmente imprigionate. Anticipando accadimenti oppure raccontandone poi la vicenda, le rose dei venti si sono sovrapposte ed hanno creato un turbine intorno ad un punto che sono io: per le coordinate l’origine è rivelata, mentre le tre rette orientate, per numeri molto alti, prendono a tendere a limiti superiori ed inferiori non prefissati. Un caso particolare richiede ora un protocollo d’intenti ed una chiarezza espositiva che risulterà inconsueta, oltre ad un’accortezza nella cronaca che decido di concedere in via eccezionale: il racconto sarà né preventivo né consuntivo, di una storia che è iniziata da poco e si sviluppa ai tempi nostri, con senso proprio. Tutto sarà più chiaro, si fa per dire, di sicuro simultaneo.
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Pianificato

domenica 2 agosto 2009

Spia dell'avvisaglia

Guardo fuori e la luna sta esplodendo, salta via la crosta e si sprigiona una luce color arancio fortissima, i raggi li vedo nell’aria dritti ed acuminati. Eppure ho sempre pensato che la luna fosse un masso freddo e neutrale, abbastanza lontano da non poter lasciar sperare mai. E’ questo il meccanismo, assorbi ed incameri senza nemmeno accorgertene e poi un bel giorno ti ritrovi a guardare la luna che si ribella per tuo stesso inconscio volere. L’idea dell’inimmaginabile dev’essere nata in una delle ultime menti romantiche rimaste in vita che conosco, che non abbandona un desiderio, non ancora. L’atarassia è un aratro pronto a partire da almeno duemila anni.
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mercoledì 29 luglio 2009

Nobiltà

Stanotte mi sento prigioniera della verità, ma so che domani passerà. Il non poter dire ciò che è, il doverlo tenere per me e fare un viso che non è del tutto mio, per rispettare gli altri, è nobile ma mi svuota un po’. Mi viene in mente una canzone di cui non ricordo il titolo, e di cui non voglio ricordare niente. Mi sento enormemente incompresa, non nel senso di fraintesa, nel senso che mi sembra di parlare una lingua tutta mia, a volte ho avuto perfino il sospetto di essere afona senza che io lo sapessi. Dico delle cose importanti e cerco in tutti i modi di essere coerente, di impegnarmi nel non lasciare che le parole non siano seguite da azioni, nel dimostrare che cerco di migliorarmi sempre. Il risultato è che se avessi detto “che caldo che fa oggi” avrei potuto ottenere la stessa identica reazione. Riassumi il viso di prima, fai presto. Poi c’è qualcuno che mi cita, e lo fa senza interessi, allora mi dico che forse è ancora possibile salvarsi. Salvarsi dal non dover dire mai la verità, perché così si fa. Domani mattina sarà passato.
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martedì 28 luglio 2009

Senza notizie

Lo spazio non è niente in confronto, i miei professori me l’hanno ripetuto a lungo e c’è chi pensa a ricordarmelo. Non posso fare opera di convincimento e per il bene di tutti non posso camminare a tastoni ancora; la conquista è che adesso accetto l’idea. Anzi, è più corretto dire che la assorbo. Sono fatta di mercurio liquido e mi conformo a mano a mano che esploro, sono nelle fessure che separano le mattonelle l’una dall’altra ed imparo ad ascoltare qualsiasi suono, soprattutto quelli che non causano alcuna vibrazione sulla superficie calma e paziente. I silenzi producono non suoni molto diversi tra loro. Uno, più di altri, suggerisce l’abbandono quieto e disincantato, da accettare pacificamente e proferito senza voce. Lo spazio non parla mai così a lungo.
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lunedì 27 luglio 2009

Cattiva

Ora scrive frasi vacue e si lascia travolgere dal futile ed insensato modo di fare di tutti quelli che lo circondano. Non cerca più i noccioli, per bucarli e farci delle incredibili collane di un arcipelago da visitare, mangia la polpa ed il resto è mangime per la terra. Stavolta è qualcuno che conosco: ti sei corrotto ed hai tutta l’aria di non rendertene conto, sei diventato uno di quei personaggi sciatti e svuotati, descritti ogni tanto anche da De Gregori, un corifeo senza arte. La presunzione invece è ancora lì, intatta, ma usata male ora, solo per dire che ogni scorciatoia è fatta per essere percorsa e che ogni bicchiere strizza l’occhio sul fondo e non lo si può di certo lasciare insoddisfatto. Sei pecora tra le pecore e per quanto ti sforzi di tenere la testa bene dritta, è sempre e solo in alto che puoi guardare adesso. Se quello che eri anni fa sentisse ora le tue teorie da due soldi, ti disconoscerebbe. Ma almeno ora le tue azioni sono sincronizzate con le tue senza tempo cadute di stile.
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venerdì 24 luglio 2009

Di allegorie

Ci sono cose che, seppur solo sentite, mi rimangono in testa come fotografie scattate di mio pugno, con l’occhio nell’obiettivo che dà forme e colori come la mente vuole. Così, anni fa mi è stato raccontato che dove c’è materia c’è anche antimateria e che l’origine delle cose non è altro che energia, io provai a chiedere di più, ma poi mi persi nella famosa cornice tarlata di cui ho avuto modo di raccontare già tempo addietro. In tutto questo nubilo ciel, la teologia del processo ha a che fare con i cordoni rossi messi apposta per separare un ambiente da un altro, oppure per dividere artificiosamente uno stesso ambiente in due sé stessi. Le statue che indicano qualcosa con l’indice proteso, di qua o di là del profano divisorio, hanno sempre impresso negli occhi il volto del loro creatore. Intendiamoci, non voglio dire solo quello che semplicemente dico.
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mercoledì 22 luglio 2009

Carta velina colorata

Un cerchio da stringere, un dono da contrattare, un fiocco troppo stretto, un viso in testa “per caso”, un altro altro ieri: adesso puoi riprendere il fiato con entrambe le mani e passare in rassegna tutte le foto che ti son tornate davanti agli occhi dopo di, Marina. In questo momento credo di essere felice, non c’è immorsatura che tenga e quasi mi basto, un’idea mi fa stare bene. Quando mi chiesero cosa avrei cambiato ho risposto proprio questo, che la fondazione pende in avanti, ma tiene, e che l’acqua mi ha sempre fatto macinare chilometri, non importa dove. Stile libero. Volo leggera, firma per accettazione.
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martedì 21 luglio 2009

Come per Esopo

C’è di nuovo che alle 9 di sera stavo bene, alle 10 già mi mancava un occhio, alle 11 ero triste, a mezzanotte avevo freddo, all’una ho fatto qualcosa per essere sicura di fare sempre il possibile, come al solito, c’è di nuovo. A volte mi chiedo se valga davvero la pena incoraggiare la mia natura, farmi uccidere 6 volte al giorno senza chiedere mai il perché e cercare ogni volta gli occhi dell’assassino per farmi dire chiaramente addio. Non succede mai. Non chiedo niente, non esagero, non riprendo, non piango, non dimentico, non cerco più. Non cerco più. Da domani ci sarà qualcosa di nuovo, da far ignorare.
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lunedì 20 luglio 2009

Come mai prima

In mezzo a quella strada ci credevo davvero che potessi arrivare, sono i tuoi superpoteri ad averti reso sempre più fulgente degli altri, io sono stata per cinque ore con gli occhi spalancati quella notte, per paura che passassi di là senza che io me ne accorgessi. Vedi, non è la fatica che mi spaventa, e non sono le nuvole in lontananza che mi possono scoraggiare, è che il mare stanotte è insolitamente calmo e le onde sono soldati che tornano dalla guerra, con la loro dose di serenità in un bicchiere di languore. Sono tra loro, per te. Da un po' non sono per nulla ragionevole e non vorrei davvero desiderare di meglio.
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domenica 19 luglio 2009

Poi

Il tuono prima del lampo, in questa stanza con sassi levigati ed imbruniti dal sole, annuncia qualcosa che può succedere, sotto un tetto costruito alla perfezione. Se chiudo gli occhi sei il capitano di una nave. La frase della serata mi gira ancora in testa, a volte sembra che alcune parole siano fatte per non svanire, restano scolpite nell’aria e nelle orecchie, tentano un approdo, ce n'era chiaramente la volontà e io ci penso ancora. Ma poi c'è un poi e non lo posso ignorare, voglio essere sincera e non tradire nemmeno a parole, eppure c'è ancora chi crede che la furbizia sia un bene. Il ragazzo dagli occhi stanchi starà in giro ancora per ore, ma domani, c'è da scommetterci, ricorderà sorridendo che conservo qualcosa da restituire; io prenderò un battello per navigare fino ad oltre te. Se chiudo gli occhi sei il capitano di questa nave.
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martedì 14 luglio 2009

Mi manchi

Non mi occorrerà trovare alcun rimedio, tra le parole scritte e quelle da dire, e non ci saranno altri giorni di dicembre a portar via le mie paure, semplicemente scenderò da un treno di carta che mangia carbone per entrare nell’era della paglia, sapendo già in anticipo che in anticipo non si può dire. Quando in sogno ti ho rincontrato ho pensato che ogni abbraccio non dato è un po’ come un arto portato via, subito dopo ho visto davanti a me il tempo che aspetta di essere vissuto ed il suo colore. Non so bene quale sia causa e quale effetto, ma credo che c’entrino le sere d’estate passate a correre e a cadere, ed i momenti in cui, a dispetto degli altri, mi sedevo accanto a te su quel muretto, sicura della tua comprensione. Io non avrò bisogno di rimedi tra le cose scritte e quelle da dire, e se tu fossi ancora qui, saresti ancora fiero di me.
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lunedì 13 luglio 2009

domenica 12 luglio 2009

Un riparo

Si allaccia le scarpe e sale in macchina, quasi convinto di voler partire. Prima di mettere in moto ci pensa ancora un po’: quel fastidioso dilemma è pronto per essere sciolto e dimenticato, o magari anche solo sostituito da un altro più stimolante e meno insensato. C’è una giovane donna, insicura e premurosa, che aspetta di essere chiamata per nome da lui, almeno una volta, che attende come sa attendere solo chi sa cosa è più giusto e cosa è più sbagliato fare, a prescindere da ogni altra cosa. Senza artifici né espedienti, aspetta, solamente con il suo nome. Lei conosce la cura.
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sabato 11 luglio 2009

Statua

Il corpo scende, le braccia vanno in alto e le mani sembrano supplicare, la testa rivolta al cielo vede allontanarsi l’ultimo specchio rimasto in vita. La luce diminuisce e chiudi gli occhi, riempi i polmoni e lasci che il pensiero si annulli, mentre l’angelo torna ad aspettare nel fango, per giocare, come prima di nascere. Raggi come spilli fanno luccicare ancora per poco qualche corpuscolo leggero, si riesce perfino a sentire sulla pelle, ogni piccolo particolare. L’acqua ripristina l’ordine naturale, poi l’ultimo pensiero riesce a salvarmi da tutto il resto.
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"A poche ore"

Recapita l'invito, sparge profumo, mette mano e scompiglia i capelli, saltan cardini a cancelli vecchi, chiusi e arrugginiti, toglie la polvere agli specchi, dipinge gli occhi, mette pendagli d'argento agli orecchi. E fa tremare.
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venerdì 10 luglio 2009

Pizzicotto

Mettiamo che l’entusiasmo sia viola, viola molto scuro, e che io abbia il blu e non il rosso. Investo (ed assumo uno “dei migliori chimici con il pallino del colorismo”, aperta e chiusa parentesi :p). Può capitare che ad un certo punto ripensi alla mia idea, che prenda in considerazione il fatto che il viola forse non sia poi tanto viola, e soprattutto constati il fatto che il rate non sia più risk free, ma che, comunque, dalla finestra, di fatto, io veda ancora un altro cielo. Bene, quesito: individuare il fatto più importante. Svolgimento: non sono arrendevole, se sono ancora qui, con la finestra aperta e gli occhi all’insù. Se non avessi creduto, fino ad ora, che il rosso esiste e che il blu io ce l’ho, sarei scappata via a gambe levate mesi fa con qualsiasi treno per Urano.
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giovedì 9 luglio 2009

Pasticca

Come è cominciato ancora non lo so, forse tra corde spezzate e vetri rotti, nelle pozzanghere rimaste piene, passare dall’inverno ad un giorno di stelle con qualche livido in più. Come un corridoio segreto lascia immaginare l’arrivo, le bruciature trovano la propria cura nelle cicatrici, i panni sui fili svolazzano da una vita senza piume, il buio non nega ma a volte solo nasconde. Le parole non vanno a dormire, quando chiudo gli occhi e ritrovo le ali, aspettano qui che io ritorni, aspettano qui che io mi allontani. E io ritorno sempre e le disinfetto e mi prendo cura dei loro malanni, e prego perché un qualche dio le renda immortali, prego nella fretta di chi non le ascolta e le perde per strada, e perde dalle tasche bucate le finestre, le chiavi e gli occhiali. E spero che i casi non esistano ed esistano solo disegni strani, e che il prato, gli alberi, le nuvole, il cielo siano soggetti di occhi che desiderano e non lasciano al caso l’onore di provare, non lasciano correre via e perdere per chissà quali piani. E che il caso li faccia incontrare.
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mercoledì 8 luglio 2009

Nauta

Ho ricevuto il messaggio, ho capito e non devi dire altro, tanto meno io mi sento in diritto di chiedere ulteriori spiegazioni. Oramai convivo con la rassegnazione, ad ogni piccolezza dico che non importa, che non fa niente. Non lo so se è un bene, intimamente penso che non lo sia affatto, tuttavia sembra il modo migliore per creare meno problemi possibili, e visto che io non ne voglio creare, dico che è il male minore, quello che è da capire, ora, è se sia anche un male necessario, invece. Oggi mi hanno regalato un libro, parla delle scelte e delle passioni, berrò un po’ d’acqua prima di continuare, mi aiuterà ad annaffiare il coraggio. Senza avvisaglie, so che sto per abbandonare la nave, ma cercherò assolutamente di dirlo in tempo anche a te, capitano, devo. Devo solo far crescere il coraggio.
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domenica 5 luglio 2009

Vaniglia

Era stato talmente incredibile che stamattina al risveglio mi sono chiesta subito se fosse stato, per caso, un sogno. Era stato un sogno. Prima di alzarmi ho richiuso gli occhi ed ho aspettato qualche minuto, le chiare lettere non avevano ancora avuto il tempo di volare via dalla palpebra mobile ed il cuore di riprendere il suo normale corso. In quei minuti mi sono detta qualcosa, con la bocca e con il fiato, ho detto qualcosa a me. Ho in mente da tanto tempo una cosa da fare, non credo passi giorno che non ci pensi, da molto tempo. Mi diverte pensare alla venerazione che nutro per la mia sconfinata pazienza. Se io non fossi me, mi farei tenerezza.
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sabato 4 luglio 2009

Niente al caso

Primo piano a destra. E’ uno dei palazzi più silenziosi ed abitati che io abbia mai visitato, pensavo salendo. Fermo qui il ricordo perché il resto è inquinato, tutto intriso di altri soggetti e direzionato da un’aspirazione. Colori decisi, contorni netti, tutto forte, niente di sussurrato o disinteressato. E’ necessario, ma non mi piace molto, mi sento come una gallina da allevamento, tutto così stringente e disciplinato, o come Papillon prima di avere il suo sacco di noci di cocco. Eppure ho qualcosa: il movimento è animato dai valori. Ci vorrebbe una legge che lo facesse scrivere a caratteri cubitali sopra ogni porta, bisognerebbe salvarli il prima possibile dalla loro pochezza.
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giovedì 2 luglio 2009

Verrà

I pensieri di Alessandra vivono ad alta quota e soffrono il freddo, rientrano solo quando fuori è buio per raccontare quello che hanno visto. E’ che dentro a certe stanze c’è solo una luce e tre interruttori, una volta svelato il segreto non è divertente, non rimane altro che far finta di niente e ricominciare il giorno dopo, e poi quello dopo ancora. Ma loro vanno troppo in alto e le dicono che è la luna e che ogni notte è la sua stanza, allora lei prende una scala di vetro e vino rosso ed un bastone, e li va ad uccidere, perché tacciano e la lascino un po’ in pace, sola con la sua onestà.
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domenica 28 giugno 2009

Dedica

Ti avrò dimenticato tra queste mura, andando via da qui sarò andata via anche da chi qui popolava le ore spensierate, di libertà dal mondo. Una mattina, seduta su una panchina ancorata con delle catene ad un albero, ricorderò per caso la mia riserva di stelle e la recinzione, lasciata volutamente aperta, le orme delle cose abbandonate e poi le loro sedi rimaste scarne. Potrei scommetterci i miei occhi per la neve, e poi dopo potrei sperare, come è, di non rivederla mai più.
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venerdì 26 giugno 2009

Hangar

Ci sono stati conflitti dai quali non è uscito nessun perdente e nessun vincitore, e delle sfortune che si sono rivelate fortune, e degli incontri che hanno cambiato il mio modo di pensare. A dire il vero, ho conosciuto qualcuno che usava spessissimo i dadi per poter tirare ad indovinare, il risultato non contava, contava quello che aveva pensato, o al limite detto, senza margini di errore. Io stavo a guardare e cambiavo sotto i suoi occhi, non mi nascondevo, e il soffitto era così alto che sento ancora l’eco delle sue parole dopo aver smarrito i dadi. Non mi conosci, ormai. Ogni tanto penso di voler tornare lì, sotto quel soffitto, a guardare dadi e a far crescere le mie ciglia.
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martedì 23 giugno 2009

Hugues

Benché da tempo non avesse più le mani scrisse di proprio pugno per me. Scrisse zucchero, farina, latte, petali di margherite, ore passate e ferite aperte. Ho visto il cielo d’Africa quando il sole scende e la luce diventa fuoco, nelle parole di un uomo strappato via dalla terra nera. Una delle ultime volte che lavorammo insieme mi chiese se sapessi per caso dov’era finita la Provvidenza, per non dargli un dispiacere gli dissi di mostrarmi il palmo della mano e feci finta di saperlo leggere. La ritroverai in una casa accogliente e dei figli che ti aspettano per la cena, quando tornerai stanco il fuoco sarà già acceso e questi tempi lontanissimi. Sorrise sconsolato e chiuse la mano. Queste margherite sfioriranno di melanconia.
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Ingiustizia

domenica 21 giugno 2009

Piano piano

Nel primo giorno d’estate pensò che in fondo le era piaciuto, che la pioggia nel bosco era come carta dentro la campana ed il suono non usciva, che la baita era ancora fredda e la giacca era stata bruciata prima del tempo, nell’ultimo giorno della primavera. Pensò che come il pontile sopra la roccia delle quattro fontane non ride, ma parla, lei aveva cercato calore nel brodo dentro la pentola ed aveva finito per diventare un ortaggio, un elemento tra tanti che ha sapore, ma non ha accenti. Riprese i fili e tornò a scucire la trama, il protagonista era ignaro e la foto sulla parete scoloriva piano.
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Dossier

A pomeriggio inoltrato decisi di alzarmi. Adesso non so dire se la mente fosse affollata tanto da perdersi o fosse talmente vuota da aver paura, comunque avevo sete. Scesi i primi scalini e mi accorsi che le gambe non reggevano, forse qualcuno nel sonno aveva sostituito le ginocchia con carta stagnola, e poi gli occhi erano pieni d’acqua, e poi ero auspicabilmente sola. Mi misi a sedere e ressi la testa in modo che non rotolasse giù per le scale. Il pianto silenzioso rimbombava da una parete all’altra come se a piangere fossero più di tre me.
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venerdì 19 giugno 2009

Senza ricette

Basta per oggi. Chiudo il pc e riposo gli occhi, resto distesa, passo velocemente da una piazza cittadina del nord Italia ad un panorama in ripresa aerea. Mi si chiude lo stomaco ed il fatto ancor più strano è che mi vengono le vertigini. Eppure nell’orecchio non c’è niente, lo so, pensavo a questo già nella sala d’aspetto, penso sempre a delle assurdità quando aspetto. La dottoressa otorino si è messa a ridere e mentre rideva io pensavo che somigliava alla supplente che venne a scuola per qualche mese quando ero in seconda elementare, si chiamava Wilma. Comunque delle vertigini non le ho parlato affatto, credo di sapere di cosa si tratti.
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venerdì 12 giugno 2009

Cose non dette

Una volta ti ho scritto alle 4 di notte, era freddo e non c’era il mio cane, ti ho scritto per dirti che quando ti ho visto la stagione senza sole ha smesso di tremare. Ho scritto e poi ho abbandonato il foglio nel fondo di un cassetto, tra le spille ed i fermagli, l’inchiostro è ancora lì che aspetta e che spera nel domani. Un giorno saremo alla stazione e prenderò la tua mano, tu penserai ad un gioco, io al tuo mondo che mi tiene lontano, metterò lì dentro la mia lettera e scapperò via, la leggerai in fretta e conterai ogni bugia. Ti ho scritto una lettera che non ho mai inviato, so dov’è ma non la cerco mai, te la darò in una piega del mai e sarà quel che resta dei prossimi domani.
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Risalita

Con dolcezza, come ogni premura salva il polso di un coraggioso suicida, io lancerò una corda senza tenere l’altro capo e tratterrò il grido prima di dover correre ai ripari. Sarò acqua e sarò pane, onda, vento, sabbia, volo da guardare da una spiaggia. Ho tenuto in bocca lo sciroppo di amarene che bevevo il pomeriggio da bambina, il tepore della coperta di mia nonna sulla pelle, in testa il suono del mare la prima volta che l’ho visto, davanti a me il sorriso rassicurante di mio padre quando ero triste. Sono ancora la stessa, guarda bene e non mi lasciare, sono ancora tutto quello che ha bisogno di altro per potersi bastare.
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giovedì 11 giugno 2009

Venere

E’ inverno e sono venuta qui da sola. Mi sono raccontata di dover andare qui vicino, facendola sembrare solo un’occasione. Ogni volta che cammino in questo viale alberato penso a qualcuno che esiste, a niente di irreale, penso ai passi fatti insieme, a volte proprio qui, tra questi alberi secolari. Penso che i cambiamenti mi spaventano, che le lontananze si dilatano, che le trecce si sciolgono e le canzoni restano. Ce n’è una che non posso più ascoltare, quando la sento, per caso, chiudo perfino gli occhi per non sentirla, fino al punto di avere il sospetto che tutte quelle che son venute dopo siano state scritte appositamente per sotterrarla, terra fresca e scura. Ero abituata a tutt’altro.
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mercoledì 10 giugno 2009

"ma il nulla traspare"

“Guardami e dimmi cosa vedi” “un cuore”. La prima cosa che mi venne in mente fu quella storia di tanti anni fa, gliela scrissi per darle conforto, per farla sentire meno sola. Era la storia di una ragazza come lei, scendeva da un autobus e dopo un po’ saliva su un altro. In mezzo tante cose, passare. Tutto passa, Alessandra. Dopo aver letto mi disse di aver pianto “non ti sentire in colpa, ultimamente basta poco”. Assorbo come una spugna, tutto, stati d’animo, silenzi, confessioni, confidenze, metto tutto dentro e dopo mescolo con un cucchiaino. Vorrei poter dire tutto e vorrei poter fare più del possibile, sempre.
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martedì 9 giugno 2009

Amido

Scrivo da una stanza in cima a tanti piani che non vuole lasciarmi andare, andare nelle piazze, nelle strade, nei bar affollati prima di cena. A volte è come se tutto bastasse a sé e niente servisse ai propri simili. Ho in mente dei volti. Un anno della mia vita diventai trasparente e scivolai lungo i corsi dei fiumi per scoprire se è vero quello che si dice, che per ogni goccia persa c’è una strada che si divide, particolari che si perdono, distrazioni che sedimentano, generano e fanno cambiare. I corpi, i gesti, le parole, gli occhi, fanno tutti delle promesse, cerco chi le vede. Di attenzione non ce n’è mai abbastanza.
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domenica 7 giugno 2009

Peccati

Perso tra le strade della tua città ti vedo camminare sovrappensiero e tra i grovigli dei nidi delle rondini tornate da chissà quale cielo intravedere le stelle anche di giorno. Lasci fiori insieme a spine di rovi ed inventi onde di tempeste di sabbia negli occhi rossi delle carovane affinché il vento porti con sé anche le voci. Brucerò senza pentimenti per le pieghe della tua pelle e per compensare farò benedire qualche piuma incenerita, dicono che basti. Voltati, sono a pochi passi e sto bruciando, e non chiedo altro.
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Nello stesso momento

sabato 6 giugno 2009

La direzione

La verità è che non ho un briciolo di paura, dannazione, che trovo sempre e comunque ogni volta la strada giusta per tornare a casa mia e delle parole da non dire farei sempre fasci di fiori da non strappare. La verità è che mi va benissimo come sei e non cercherei di cambiarti per nessuna ragione al mondo e che se mi chiedessi un giorno di arrivare, io partirei domani stesso. E’ che le mie parole hanno un senso tutto loro, che il mio, di senso, in definitiva, è racchiuso in quelle non dette, che la mia mano è tesa e disarmata e racconta più lei di ogni altra possibile storia. Non devi dispiacerti, ho trovato già la strada giusta per tornare a casa mia. Forse tra poco non mi sentirai più, ma la cosa più importante è che io non cambierò la mia idea di te.
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Adorabile

Una sorpresa, un cuore, poche parole e in un minuto sono già in cima a tutti i pensieri. Un vento fresco entra dalla finestra aperta stasera, qualcuno ha detto che la stanza al sesto piano di una grande città può essere anche una prigione ed io mi sento la persona più importante del pianeta. Controllo il movimento delle costellazioni con le mani, navigo nei desideri e trattengo il fiato finché posso. L’esatto divenire, moderato e contenuto, degli eventi adesso è un foulard perso alla stazione da una donna distratta dal suo amore; io sono adesso. Quello che sento è racchiuso in tutto quello che mi si vuol dire, e stasera, incatenata dai pensieri, sono stata medicata dalle parole.
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Breccia

Se potesse bastare essere solamente come sono non chiederei altro e non sarei mai triste. E non ti penserei notte e giorno. Non vedevo il mio vicino di casa credo da due anni, oggi mi ha sorriso e mi ha fatto una domanda, gli ho risposto come una madre risponderebbe ad un figlio, poi mi sono messa a ridere, e lui mi ha detto che anche solo altri due giorni sarebbero stati troppi per questa lontananza. E io ho pensato di nuovo a te. Se potesse bastare essere solamente come sono non basterebbe tutto il cielo per buttare via questa tristezza.
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giovedì 4 giugno 2009

Dancer in the dark

La mia gloria non è qui, è lì da te insieme alla mia vita. Hanno portato via gli occhi, ma non sanno che io posso volare anche di notte, che le luci accese delle città sono zingare bugiarde e stanche delle loro stesse bugie. Allora copriti gli occhi pure tu, vita mia, un nuovo sogno è pronto per nascere, una nuova lente sarà buona solo per il fuoco ed un altro cerchio si sta chiudendo proprio per te. Ho camminato lungo i binari della ferrovia dei treni che venivano da est, ma sono stata attenta a non farmi trascinare via, lontana da te, vita mia, e da stanotte quei treni sentiranno la mia mancanza. In questa ultima stanza mi dicono di usare la ragione, di comprare un sorso di linfa di salice per mandarla giù così, senza nemmeno poter sentire un fruscio di foglia leggera, un vento caldo sulle guance, un sole appena nato d’estate. Tenetevi pure la mia anima, l’uomo sulla croce era sazio di privilegi.
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domenica 31 maggio 2009

Assenza

Del respiro racconto ogni tanto, prima diceva “tienimi con te più che puoi”. Tra qualche anno questo anno sarà passato, resteranno i ricordi ed il respiro di un respiro cercato. Ieri ho comprato una torcia, la tengo sempre con me, mi ha aiutato e forse mi aiuterà, come il torace aiuta i polmoni del respiro che a volte ho raccontato. Delle vecchie cose mostrami cosa tenere, cosa mettere nei ricordi e cosa cercare di ieri, il tuo orologio aggiustato si è fermato di nuovo, te lo restituisco così puoi riportalo nella tua esclusiva sala da tè. Sono stanca, sei ancora qui e già mi sei mancato, ma ho le braccia pesanti e la testa leggera, ti ritroverò nei ricordi e nella lontananza di chi non mi credeva.
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Tramite

I rami distesi a forza e poi sparsi come capita testimoniano di sere spiegate e lasciate ad asciugare, capovolte e rivoltate sotto il sole pallido dell’addio. Perché ogni tramonto ha l’aria di un addio, come se la luce non dovesse più tornare, come se un nome scritto su un foglio volato via non restasse comunque su quel foglio, qualsiasi altra città l’abbia accolto. Scrivo da questa astronave, con le stelle anche sotto i piedi, scrivo per non scrivere a te, dato che qui nessun vettore poi riuscirebbe a tornare. Quindi sono partita, come colui che parla per non chiamare, che dorme per non pensare, che crede per non fare.
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venerdì 29 maggio 2009

Ariete

Forse ci penserai quando a terra troverai solo terra. Niente dolce, niente risate, niente battute, niente blu, niente parole, solo rassegnazione. Io dico che non te ne importerà niente e che andrai dritto per la tua piega, ci penserai e smetterai di pensarci un attimo dopo. Non ho ancora capito cosa desideri e non ho ancora capito di cosa t’importi veramente, se le mani le immergi nell’acqua ogni tanto, senza lasciarla solo scorrere, e se troveresti di meglio al primo bar di una qualsiasi strada di città. Proprio come tanti altri, nessuno escluso: non ti rendi conto di cosa significhi sentirsi così, se lo dici con tanto candore. Hai scarpe pesanti, piombo nelle tasche e spalle larghe, tu, hai una soluzione per tutto ed io non grido nemmeno tanto forte, sono ancora quella formica che passa tra la fila, forse non te ne ricordi più. Non farei del male nemmeno a una mosca, ma non mi è concesso niente, anche se non è ancora la cosa peggiore. La cosa peggiore è che piano piano sta andando via anche quel niente. Cerca di starmi lontano, dico davvero.
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martedì 26 maggio 2009

Il tuo ritratto

Snaturata e privata delle ciglia non ricordo più quello che poteva essere, prendo un cannocchiale e trovo la stella polare. Tu non mi riconosci, non potresti, ma fai finta che tutto sia normale, che sia sempre io, che sono. E una falena stasera mi somiglia un po’. Entrerà nella tua stanza e spegnerà la luce accesa, sarai disteso, con gli occhi chiusi, mentre le mie ali finiranno di bruciare nell’angolo più buio. Quando voglio cambiare umore prendo la matita e disegno, oggi un volto sbiadito, guance di mollica e occhi di cera, occhiali leggeri, cose solo da sfiorare. Oggi ho fatto il tuo, di disegno, ed ho deciso di appenderlo qua, in camera mia. Parla solo a me, potrebbe farlo anche a te, ma a nessun altro sulla faccia della Terra. Lasciami fare e stammi lontano.
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lunedì 25 maggio 2009

Terra rossa

Credo non sia il parametro più adatto per misurare il bene, fatto sta che ero sempre io. Si usciva in barca a vela senza dover necessariamente tornare indietro entro la fine del giorno, senza dover per forza vedere la terra all’orizzonte per essere certi che non fosse scomparsa d’incanto. E’ che iniziò a piovere terra rossa, che le tue braccia erano tergicristalli senza più acqua, che io non sarei dovuta passare da te per almeno altri 12 giorni. Una bugia me la ricordo bene, non che non voglia perdonare, è che non posso dimenticare. Semplicemente accantono, fatti e persone. Non c’è possibilità di riscatto se non esistono bilance abbastanza capienti e poi non c’è modo di rimediare a certe parole. Non c’è metodo senza merito.
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giovedì 21 maggio 2009

Bene

Mi perdo in poche parole e mi ritrovo a pensare a cosa mi piacerebbe fare, invece. Un viso chiaro, senza segni né particolari, con un paio di occhiali leggeri ed una mimica lenta e misurata, accompagna in giro la mia ragione. Ho altre dieci possibilità e conosco la strada per tornare a casa, ho tutto, ma un viso così porta la neve. Fiocchi leggeri sotto un cielo candido, un vento fresco, pelle e solo luce naturale. Eppure, indosso stivali pesanti e, caricati in spalla i miei pensieri, non dico niente, comincio solo ad allontanarmi, oggi più lontano di ieri e così via. Nei miei mondi non c’è mai folla e non c’è mai civiltà: c’è sempre un luogo incontaminato in cui immergo l’oggetto dei miei desideri che scende piano, che ricopre le orme al mio passaggio, che non mi vuole. Nei miei mondi io sono un elemento terzo, votato alla lima dopo l’incudine, non sorride mai e naviga via, contrario esatto della sintesi di una lettera di settembre di qualche anno fa.
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Nessun ripensamento

lunedì 18 maggio 2009

Torpido

Dietro il vetro appannato del mattino un chiarore d’alabastro bisbigliava parole tiepide, la tenda raccoglieva in silenzio gli ultimi segnali provenienti dalla civiltà. L’unica virtù concessa dal padre degli dei se ne era andata con la partenza di Prometeo, la fame della fame che verrà oramai era solo un relitto sulle rive dello Stige. Pensò di aver sete e ricordò di aver rotto l’ultimo bicchiere utile nel momento in cui gli fu rivelato che l’istinto dell’uomo non esiste, che tutto quello in cui aveva creduto di credere non era altro che menzogna. Chiuse gli occhi, girò la testa e dimenticò di nuovo, tornò a guardare la finestra, ché il nuovo vecchio giorno era già iniziato.
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domenica 17 maggio 2009

Carboncino

Il ritratto mi somiglia sì, ma fatica a concedere dubbi oltre il lecito. La persona giusta lavora per trovare il modo giusto, le parole giuste, è irreprensibile ed io non so che dire. Vaga per togliere il cappello e fare un inchino, chiede in giro, per il resto sta in silenzio, non parla mai a sproposito. Ma sai, ci sono alcune cose che io non imparo, per cui è inutile sperare. Mi ha detto di tornare a casa quando c’è già il sole, per i raggi che filtrano dalle fessure delle persiane, di scendere le scale senza finestre in fretta, per lasciarmi dietro ogni rimorso. Le cose giuste qui entrano dalla porta e volano dalla finestra.
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venerdì 15 maggio 2009

In postazione

Parlai ad alta voce e lui si girò, sottratto ad altre argomentazioni, credette a quello che dicevo incondizionatamente, poi passò le mani dentro le mie e ci lasciò dentro un ciondolo d’argento. Io parlavo di una storia impossibile e ridevo con la mia collega, evitai di guardarlo fino a quando non decise di rivolgermi la parola, ad ogni modo niente di particolare. Passarono intere settimane e centinaia di volti nuovi, poi un giorno tornò. Parlò del suo lavoro, della sua dedizione e della mia serenità, credeva di sapere l’esatto migrare delle rondini, le rotte tiepide sulle città deserte colpite dalle nuove epidemie. E’ grande e mi racconta tante cose, ma i suoi occhi di notte assumono un altro colore.
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domenica 10 maggio 2009

Memorandum

Una nuvola leggera dentro il temporale lascia spazi di sereno, nell'aria torna solo quando c’è troppo sole. Sarò leggera e utile come una nuvola, porterò acqua per il ciclo della vita, ombra per i pensieri difficili, blu per le giornate d’amore, più severa con me che con loro. Sarò rimproveri seguiti dai perché, carezze e baci da svegli, occhi veglianti di notte. Sarò libertà di sbagliare e sonno da recuperare, giornate lente come comete d’annunciazione e comprensione senza riserve. Saranno i brividi di una madre.
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Addio

La principessa torna a casa stanca, ma ha ricevuto un invito per la felicità. Invece di buttarsi a capofitto nella notte pensa alle conseguenze, pensa ad un ragazzo che tiene in vita l’ambiguità. Un postino avaro attende sempre al suo ingresso, chiede due soldi per la felicità. Invece di tornare da dove è venuto resta lì, ma non dice nulla, chiede tre giornate per il freddo che c’è già. Stanotte son tornata, ho visto la sera nella bocca della città, ho scritto un nome sull’ingresso ed uno sul cuscino, ho convinto il mio cuore che il freddo non è quello che verrà, lascio un ricordo e spicco il volo, ho preso coscienza di quello che sarà. Non cercarmi, non mi troverai, non risponderò e la mia mano non tenderà, ho già sentito e non ho visto, le cose dette vanno via col vento e le cose scritte le ho mangiate tempo fa.
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venerdì 8 maggio 2009

Fosforo bianco

Nella favola dello zucchero e della cera ho rivisto due persone. Incredibili le cose che inventi, le scie che lasci, i pensieri leggeri. Voglio dire: una scatoletta di fiammiferi con su scritto un desiderio, lasciata per essere trovata, senza dire una parola, e domani un’altra cosa e dopodomani un’altra ancora. In piscina nuoto leggera come quando sogno di nuotare nell’aria e parlo con le altre persone come se stessi davvero in me. Non dirò a nessuno del fosforo, ma eri tu che tenevi in aria la luna in quel momento. Poi sempre tu, dopo e prima.
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mercoledì 6 maggio 2009

Madreperla

Ricordo ancora l’odore del lievito e la panca di legno bianco in fondo a sinistra, davanti al camino. Trovarono la lettera di dimissioni prima del congedo, fecero finta di nulla per non metterla in imbarazzo, ma sapevamo tutti della sua consapevolezza. A volte noi bambini entravamo nella camera da letto dai mobili scuri passando per la finestra, credo che lo sapesse, intenta a parlottare con la sua doverosa severità. Una volta, tornata dalle vacanze, mi riportò un cerchietto bianco e blu che è ancora qui, nel cassetto del mio comodino. Conservo anche le carezze che non mi diede, i baci che soffocò, un abbraccio di più. Ero troppo piccola, oggi gliele chiederei. Non parlo più di lei da anni, tranne rare occasioni fortemente ricercate.
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martedì 5 maggio 2009

Quarta fase lunare

Non ho vissuto sempre qui, tra gli agi e le carezze, distesa e con la certezza che una persona si prenda cura di me. Nella tempesta in alto mare non cercai di salvarmi, mi gettai in acqua alla prima onda, nel turbinio turchese lasciai un grammo d’oro che ora fluttua nelle acque del Pacifico. Nel vento caldo di Libeccio ho sentito freddo a volte, tuttavia ho trovato un nome per le cose vicine ed un altro per le cose lontane, ho imparato a dare fiducia. Quello che c’è adesso è una persona davanti a me, io ho gli occhi aperti ma non sono affatto sicura di essere sveglia ancora.
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lunedì 4 maggio 2009

Amore

Seduta sul pavimento di una camera assolata, al sesto piano di un palazzo di città, credo che il mondo, in sostanza, sia tutto qui, che non ci siano segreti da svelare, che potrò mettere al mondo i miei figli, che delle cose di ieri farò il fondo delle mie scarpe. Ascolto con attenzione, osservo per bene, rubo un foglio che sta, tra gli altri, su una scrivania. Quando ti è venuto in mente di scriverci il mio nome? Tra elementi chimici, teorie essenziali, movimenti cosmici, il mio nome. Oggi ho pensato che i segreti del mondo fossero tutti lì, in una stanza, al sesto piano di un palazzo di città. Controlla, siamo nell’era dei pesci.
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sabato 2 maggio 2009

mercoledì 29 aprile 2009

Di protagonista

Un’espressione nuova, il viso più dolce che io abbia mai visto oggi ha chiamato la pioggia. Cosa sta succedendo? Perfino le cose che scrivo non sono più le stesse. E poi, tra le dieci e le undici ho bevuto un caffè! Nel tragitto d’andata d’istinto guardo sempre un prato verde in lontananza, a sinistra della strada, ci sono quattro casupole rosse rette da un’asta di legno, da anni mi chiedo chi le ha costruite, perché e come mai proprio lì. Domani arriva in fretta e tu troverai una spiegazione che mi farà ridere. Custodisci un posto per ogni cosa, nella tua incredibile storia.
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lunedì 27 aprile 2009

La nostra

Un cavaliere stanco sotto la pioggia ripone il suo mantello nelle tasche della città. China la testa pesante, il cuore dell’universo, nella mente ha la foto più poetica della storia dell’uomo. Ricorda per essere sicuro di non aver ancora dimenticato, raccoglie le energie e risale a cavallo. In un viottolo di campagna deserta la abbandona alle incurie del vento, gli dice di portarla con sé, non lasciarla mai, che nell’altrove non c’è speranza. Scende di nuovo per prendere fiato e dar via il coraggio, piange senza far rumore. “Signore”, una voce di donna arriva a salvarlo.
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Sorrisi

Potrei raccontarti la storia della maglia bianca che metto il primo giorno di primavera, oppure quella del mio primo gatto domestico, oppure ancora dirti dove ero in ogni foto che è appesa alle pareti della mia stanza, non ascolteresti una parola e mi avvertiresti in anticipo. Quello che mi piace sono le cose che non nascondi, la pigrizia nel non essere accomodante, la pazienza nell’indicarmi tutte le volte la direzione di Venere, la dedizione alla conoscenza, l’attenzione alle cose che fanno la differenza. I pensieri espressi prima di dormire.
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domenica 26 aprile 2009

Io penso sempre a te

Vorrei avere il potere di far dipendere ogni tuo stato d’animo dal mio. Vorrei darti almeno il doppio delle cose che tu dai a me e cercare ogni spiegazione per non trovarla, perché il mio sole è già qui, non aspetta l’estate. Ti dirò che ho sempre pensato a te, che aspetto te, che penso a te, che aspettavo te. E che da quando sei arrivato io non c’ho mica creduto. Il tuo racconto è qui davanti, come se avessi visto un film: un bambino varca la soglia di un cancello in ferro battuto e si incammina nel sentiero che conduce ad una casa; è estate e l’erba intorno è più alta della cima dei suoi capelli.
Io penso sempre a te.
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sabato 25 aprile 2009

Nuovo continente

Un economista indiano sostiene un’invenzione a cui nessuno, che io conosca, crede. Nessuna etica, né moralità, solo che il danno delle istituzioni e dei penalisti non viene dalle parole, viene dall’ordine delle parole. Farò tutto il possibile per migliorare l’ordine delle mie parole, per credere sempre nelle cose giuste e non cedere mai al risentimento. Il colore è un mezzo, scivola e non batte, la strada è il tramite, conduce e non consiglia, una persona vicina ha trovato un pensiero mai espresso e dicendolo, attraverso il giusto ordine delle parole, l’ha colorato e l’ha instradato. La direzione è giusta (respiro), il resto è spettacolo.
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giovedì 23 aprile 2009

Ticchettio

Velluto, corde rosse, scale senza angoli: palazzi secolari bruciano le spoglie del tempo, studiano dietro i vetri gli stessi censori di sempre con le loro nuove vesti. Mentre guardo una colonna corinzia che piange tra due neon, noto qualcuno che sembra provenire dal mio stesso pianeta; poco dopo, infatti, perdiamo la stessa bussola. Con i fogli di cellofan appesi al muro, sciolti dal sole, ci si può pur sempre vedere attraverso e sulla tela degli angeli che precipitano in un non luogo ci si può perdere di nuovo. Già, in una stanza silenziosa, con la pioggia che batte sul vetro, si può viaggiare senza partire.
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Uno stile

I razzi segnalatori li vedo nel cielo, brillano due occhi. Capitalizzerò ogni parola di troppo non detta, un tesoro nascosto trattiene il fiato per me senza alcuna premura, solo l’essenziale, colore su colore, essenza e tutto quello che conta davvero. Non lo so se esistono momenti giusti e momenti sbagliati, ma c’è una nave e ci sono dei razzi nel cielo. Chi oggi ha detto che l’innegabile si può non dire ma non si può ignorare ha lasciato dei sassolini lungo la strada, sono al porto e guardo le luci, e guardo la nave. Aspetta, al largo. Sul fondo una scia di sassolini blu.
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Mantello

Forse eravamo già stati lì senza che ce ne fosse memoria o forse si deposita qualcosa di indissolubile nella terra che calpestiamo, nell’aria che respiriamo, forse il cielo ha deciso per me. Oggi Anna mi ha raccontato una favola del suo Paese, parla di quello che si è portati a credere e di quello che invece si vede, anche lì dentro c’ero io e c’eri tu, soprattutto tu, che sei dappertutto. Sei nelle parole dette di fretta e nelle confidenze fatte di notte, sei nella mattina in cui mi prepari il caffè ed in quella in cui sono sola e guardo fuori dalla finestra e non vedo niente, sei nel sorriso di chi non ha nulla da chiedere e nella supplica di chi è in difficoltà. Una volta vorrei poter parlarti senza doverti guardare negli occhi.
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mercoledì 22 aprile 2009

Su commissione

Vide un foglio bianco a terra tra i piedi della folla, probabilmente volato via dalla cartella di un esattore, lo raccolse come fosse un regalo e cominciò: “se la strada sparisse, la mezzadria desse i suoi frutti, io non cantassi, le luci nascondessero, tu stessi più zitto, tutto andrebbe meglio. Rispetto a quello che vorresti il niente è più sensato”. Due occhi, non i suoi, lessero, forse più perspicaci delle orecchie; tutto finirà quando lei sarà arcistufa senza legna. Romanzo un po’, io, ma senza esagerare: tra le righe Polissena e Achille troverebbero il loro specchio.
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lunedì 20 aprile 2009

Cosmonauti

L’astronave galleggiava da giorni, votata ad una missione segreta, l’equipaggio cominciava a sospettare che ci fosse qualcosa di più di un semplice sentore di vita. Il comandante non tranquillizzava più a parole, usava agitare curiosi strumenti luminosi simili a quelli utilizzati dagli omini con le cuffie sulle piste degli aeroporti militari. Marina guardò giù dall’oblò la Terra lontana. Stavolta era diverso, sapeva di aver lasciato qualcosa di importante, qualcosa per cui valeva la pena salvare il salvabile. Per questo aveva accettato di partire. Non avrebbe fatto ritorno prima della prossima marea delle acque dei mari del nord.
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sabato 18 aprile 2009

Più del platino

La storia dei papaveri è uscita dal cilindro di un mago, ha tenuto incollati dei visi ed ha chiamato a gran voce quella che chiamano ragion pura. Due occhi guardano l’universo, trasformano le cose ad ogni battito di ciglia per sorprendere chi non credeva che potesse accadere proprio a sé. Ci sono almeno due milioni di storie incredibili che accadono a Boston, ogni giorno cambiano forma e si intrecciano, lasciano scie di luce dietro agli angoli dei grattacieli. Un petalo rosso cadrà nella tazza da tè dell’ultima donna sopravvissuta alla bomba atomica.
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Quotidianità

Sono leggera e volo con l’aria, ho affittato una giornata senza sonno per incappare in un posto in cui trovar riparo dalle spine del mondo. Tutto quello che fa paura è nella pancia della lucertola che viveva dentro la casa della mia barbie quando ero bambina, il soldato è premuroso e fa la guardia insieme a me. Qualcosa che mi sembrava impossibile ora è qui con me, governa le mie giornate e va tutti i giorni alla stazione per dare da mangiare al clochard che mi saluta sempre. E’ un puntino luminoso, un sussurro leggero, un fiore di campo. Qualcosa per cui perdersi.
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venerdì 17 aprile 2009

Pozione

Posso entrare? Busso tre volte, poi chiedo, poi ascolto, poi, se posso, entro. Posso avere una coperta? Mi proteggi se arriva qualcuno? Mi ascolti? Grazie per avermi accolto. Ci metto un po’, ma se sono fuori luogo esco facendo poco rumore, scusandomi, colpe o non colpe. Fuori piove, al centro di un incrocio non so la direzione, fa freddo, tira vento, una luce gialla lampeggiante dondola sotto il cielo. Mi siedo sul marciapiede e cerco di ricordare da dove sono arrivata, mesi fa, qual è la strada giusta per tornare al caldo di dove ero. Cosa ho lasciato? Ognuno rimane per quello che ha saputo dimostrare, ogni cosa che ho voluto fortemente resta, anche dopo essere andata via. Sono una macchina imperfetta. Credo di amarti.
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martedì 14 aprile 2009

Ballata del carcere

Ogni uomo uccide ciò che ama, lo sappiano tutti: gli uni uccidono con uno sguardo amaro, gli altri con parole carezzevoli, il vigliacco con un bacio, l'eroe con una spada. Gli uni uccidono il loro amore da giovani, gli altri lo uccidono da vecchi; certuni lo strangolano con le mani della lussuria, certi altri con le mani dell'oro. I più pietosi si servono di un coltello affinchè i cadaveri gelino prima. C'è chi ama troppo poco, chi troppo a lungo, c'è chi vende e c'è chi compra; chi compie il delitto con molte lacrime e chi senza un sospiro: perchè ognuno uccide ciò che ama, anche se dopo non tutti muoiono.
Oscar Wilde
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sabato 11 aprile 2009

Monetina

Penserai ad un uomo alto più di te, che ti cantava canzoni che nessuno ricorda più, che leggeva il giornale bevendo il caffè, che curava le persone perché tornassero ai propri cuori. Rivedrai i suoi occhi sul mare agitato, un rimprovero silenzioso prima di partire, un libro mai finito e lasciato aperto sul comodino a pagina 33. In ogni sogno, di notte, un saluto incompiuto accoglie il mattino e con le lacrime ci annaffia le margherite di campo. Non pronuncerai il suo nome per molto tempo ancora, ma lo ritroverai un giorno, lì, dove è sempre stato. E' come le catene montuose, i sistemi fluviali, la direzione dei venti, la posizione della luna, il campo magnetico terrestre.
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lunedì 6 aprile 2009

Sciame

Sveglia! La terra si apre e ingoia i figli di qualcuno. Una lunga caduta tra macchie di colore concentriche e per ultima memoria un sogno collettivo, la discesa del viottolo di campagna che portava a valle dalla casa delle vacanze d’estate. Eravamo bambini, la polvere era amica, figlia, lei, della terra, il sole non bastava mai e di aspettare non c’era verso. Si continua a scendere, dal grigio al viola scuro, nel frattempo le fedi si sfilano dalle dita ritornate alla fanciullezza. Un atterraggio ovattato ed un primordiale istinto di raccoglimento, ognuno da solo, adesso, con il solo elemento vitale. Un embrione aspetta di nascere.
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Glicerina

Respiravo a pieni polmoni e soprattutto pensavo di essere così preziosa da poter permettermi di chiamare senza far uso di soggetti espliciti. Le mie richieste d’aiuto sono dei messaggi in codice, parole dolci e segreti da guardare comodamente in finestra. Torno in quella macchina, a quella sera, ma invece di guardare la strada davanti a me, mi volto. Non vedo nessuno. Il volante si muove da solo e non c’è nessuno a dirmi quello che, all’epoca, avrei voluto sentirmi dire. Ma cosa significa voler sentirsi dire. Non avevo una mappa. Portami a casa presto, dico al niente.
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domenica 5 aprile 2009

Custodia

Seduto, nella stanza d’albergo più fredda del pianeta, il ragazzo guarda fuori dalla finestra. La lampada diffonde una tenue luce gialla e la tenda beige colora quel che può. Quando hai smesso di essere qui con me? Le mani bianche e intenerite dall’acqua di ogni giorno di studio e di lavoro, vanno sapientemente a coprire gli occhi. I gomiti, poggiati sulle gambe, restano immobili in attesa che qualcosa, o qualcuno, lo distolga dai suoi pensieri, che quella mattina d’Aprile davanti a sé c’era un’estranea, una veste leggera in un corpo privato di ogni grazia. Un suono metallico, una luce improvvisa e tutto ad un tratto ogni battito per cieli nuovi. Pensavo proprio a te, sai, prima che arrivasse la primavera.
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venerdì 3 aprile 2009

Eccezione (e per partire)

Nell'album di Lara

Metti un fiocco sulla mia coscienza e taglia il nastro della tua ineccepibilità. Credi davvero di essere in diritto? Dovrei ricordarti ogni minuto di quello che hai fatto, fortunatamente la mia bellezza mi assicura un riparo da ogni genere di brutalità. Al di fuori della tua bocca, dov’è il progresso? Anni fa lessi delle parole, non dovevo permettermi di fare quello che non ho mai fatto. Già, c’è qualcosa che non quadra. Il resoconto ha un proprio filtro, i nodi non si sbrogliano per colpe che io non ho.
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domenica 29 marzo 2009

Terza fase lunare

Un’immagine nuova è fissa nella primavera, distesa in un primo pomeriggio assolato osservo fiocchi di polline bianco volare indisturbati fino alla prossima città. Polline, nuvole, vento, un albero si lascia dondolare aiutato dalle prime foglie tornate dall’inverno. Quando me lo chiederanno, il mio mondo sarà così, insolitamente non popolato, solo un posto dove continuare a stare. Nessun luogo lontano dall’oggetto ideato è proprio del suo creatore, nasce in un cuore arrabbiato, muore in una testa pesante, riaffiora in un viso che ama.
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mercoledì 25 marzo 2009

Agorà

Dentro i trattati di Winckelmann hai bevuto il nettare degli dei, serrate le file e messi in riga gli stolti, comprato l’ultimo lume per nobile semplicità e quieta grandezza. Non l’ho dimenticato. In cosa credo? Sono stesa sul prato della facoltà di fisica e sto scrivendo. Resterai all’ombra mentre il sole picchia ed uscirai alla luce quando c’è vento in attesa che decida cosa è meglio per me, cosa è meglio per te, come mangiare il cuore di un essere vivente. Ascolta, tesoro mio, io sto per andare via.
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Fèria

Tornando a casa penserai un po’ a me. Coloro il cielo e i tetti delle case. Scenderai in strada e fermerai il traffico perché flotte di navi in fiamme arriveranno dall’orizzonte con i loro carichi dimessi e poco importanti. Ai passanti racconterai di me. Traccio linee curve ad alta quota. Taglierai per i campi ed intreccerai fili d’erba perché eserciti di soldati in trance marceranno da ovest verso est con i loro stivali sciocchi e senza dubbi. Porterai in braccio un’idea che con la tua voce parla di me.
Io sono acqua cheta e onda alta. Non ti far ingannare dalla tua idea di me.
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martedì 24 marzo 2009

Diagnosi

Non ricordo più tanto bene le ultime parole, era orgoglio misto a sfinimento, due braccia senza forza che lasciano la presa, lasciar cadere per centinaia di metri, non curarsi dell’atterraggio. Un “a risentirci” e poi tutto purché fosse altro, almeno dei pioli che portassero su Marte e dichiarare, tutto sommato, di non chiedere tanto. Sto contando ogni parola, ogni fiato misto a vento, ogni sera d’ora d’aria, ogni discesa senza corsa, ogni passo riverente. Ogni blu su nero.
Brivido è sintomo. Ora so la differenza.
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giovedì 19 marzo 2009

Sotto casa

La scena è madre, le mani buone lasciano un filo d’oro tra le ciglia di chi cercava comprensione. Ho gli occhi spalancati di una bambina. Dentro la scatola c’è un foro quadrato per il sole ed un campanello che suona apposta per il grillo, nascosto da anni là dentro: col suo cappello buffo sempre in testa, scrive centinaia di protocolli con una Smith Premier. Il verbo è dovere, il tempo signore, il modo potente, il participio sostantivato. Chiede la parola.
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mercoledì 18 marzo 2009

Minus

Il sereno è partito con la sua valigia di spago e cartone, lascia impronte profonde e voci smarrite dove la pioggia finisce e comincia il sole. O la notte forse, persa nelle note di un cantante senza mantello, quella che mi ha confidato un segreto, che un pretesto era buono e di motivi nemmeno mezzo. Chi ha messo in pratica il detto di dire a nuora perché suocera intenda, ha usato una presenza per far riferire ad altrui il nesso, rinunciato ad ogni proposito buono, usato un viso senza pretese per uno scopo senza autore. Chi si illude che l’altro non abbia capito sottovaluta il prossimo suo che per stile non usa di certo riscontri per spronare il carro invece dei buoi.
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lunedì 16 marzo 2009

Una storia

E se stanotte sognassi un fermaglio e scendessi le scale per non domandarmi ancora, accendi la luce ed apri gli occhi, perché il sale nella credenza non vuole proprio più saperne di uscire. E se facessi cadere una cartolina con su scritto dove andare, sotto il tappeto le nasceranno le radici e poi i rami, perché il tuo cane mi cerca ancora quando piove. E se tornando a casa vedessi la mia fede davanti la tua porta, e le chiavi di casa non ti chiamassero dio, raccogli le lacrime e nascondile bene, perché il mio silenzio non vale più di mille parole.
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domenica 15 marzo 2009

Cacciagione

Ero sola in casa così ci siamo messi a parlare, di tante cose, del militare, di quando c’era solo un treno, della luce che c’è in certe giornate d’ottobre. Gli dico che ciò che fa il passo è l’andamento del cocchiere, quando lo ascolto con attenzione, ho una bomba tra le mani ma conosco il dispositivo, ho imparato prima a conoscere e dopo a sapere come lasciar scegliere di poter andare. Quando è notte è notte su tutte le strade, non serve una mano tremante o un aereo in partenza, le sue rughe lo sanno bene. L’orientamento è il suo consiglio e mi chiedo come mai allora parla così forte del rancido del suo stesso sangue o della prua della sua marcia nave. La stella polare in confronto è un’invenzione, io lo vedo che il coraggio e il senso della dignità vincono contro la barbarie.
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In foto

sabato 14 marzo 2009

Del tutto

La curiosità degli altri entra nelle vie e bussa alle case, ma non alle porte, sui vetri delle finestre, e un viola acceso cola giù dai muri a cercare un po’ di spontaneità. Quando mi hai guardato negli occhi hai visto come vedo io, quella notte del venerdì santo ce ne siamo andati via, lontano dalle cantilene e dalla disattenzione. Era un periodo da domande risolte, da quello che vuoi ed il resto lo lasciamo agli altri. Mi hanno ricordato che mi cerchi ancora, come se le chiese non riaprissero mai, nemmeno di domenica. Ma quando arriverà la mattina mi calerò giù dal tuo balcone e, andando via, non mi girerò nemmeno una volta, proprio come ai vecchi tempi. Allora ti volterai dall’altra parte e ricomincerai a sognare tuo nonno.
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Firma

Aveva una somiglianza impressionante, oppure ero solo io. Dico di non saperlo. Esco dall’aula ed un ragazzo alto mi riconosce, mi saluta e tutto quello che mi viene in mente è il momento subito prima, quello da foto. Sono incontentabile, ci penso mentre torno in facoltà, eppure non vorrei essere tanto diversa. Ultimamente spesso esco la mattina e rientro la sera, stacco la spina dalla presa prima di uscire e la riattacco quando rientro. L’altro ieri ho trovato chiuso, in biblioteca. Sono incontentabile e non vorrei essere tanto uguale.
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domenica 8 marzo 2009

Buona vita

Guardò la vallata che si spiegava per chilometri davanti ai suoi occhi e cercò di immaginare come sarebbe stata, se avrebbe ritrovato le abitudini degli abitanti del vecchio pianeta e se l’ultima androide lasciata sulla Terra avrebbe conservato i suoi stessi ricordi. Andò via che aveva già imparato a conoscere la sua fragilità ed aveva convissuto per un po’ con i suoi colori. Gli erano piaciuti da subito, ma sempre più spesso negli ultimi tempi gli apparivano stranianti, estranei alla sua natura. Era uno straniero in terra straniera, ma da lì, ora, il suo futuro gli sembrava già meno cupo.
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martedì 3 marzo 2009

Rivisitazione

“E’ qui quello che ho da dirti?” lesse e ricordò qualcosa. D’istinto chiuse gli occhi, come se il ricordo dipendesse dalla vista o il buio potesse annebbiare la mente. “Perché mi tratti come un’estranea?” si era fatto medicare il dolore con amorevolezza ed aveva finito per non perdonarselo più. “Mi hai mai visto con i tuoi occhi?” le catene erano state spezzate ed i pesi nascosti, ma i filtri del non dire erano ancora lì, nel tradimento. “Qual è il vero senso delle cose?” chi ha grazia guarda all’intenzione, mezzo o fine non importa, nessuno si aspetta l’inquisizione spagnola.
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Di nebbie

Voi che potete voi che non sapete
voi che dormite ancora
e non mi vedete
lasciate tempo al tempo
e che le lanterne illuminino
proprio questo momento
la sconosciuta sorrideva al violinista
e lo straniero aveva lune messicane
e un mucchio di ricordi da gettare in soffitta
e legno nel cuore legna come carbone
per la fornace e i denti di questo motore
di questo battello che danza
e si inabissa nel vapore
e lasciateli guardare lasciateli incontrare
e che il fiume impari e disimpari la loro canzone
e li lasci ballare li lasci perdersi e ritrovare
Voi che sapete voi che non potete
voi che sognate ancora
e non li conoscete
lasciate tempo al tempo
e che le lanterne inventino
un altro firmamento
la sconosciuta si stringeva nel suo bolero
e lo straniero aveva occhi lontani
e un buffo cappello nero
e spago nel cuore spago come cotone
per i mille anni e le schiene di questa piantagione
di questo chiavistello che brilla
e si spezza nel sole
e lasciateli guardare lasciateli sfiorare
e che il fiume impari e disimpari la loro canzone
e li lasci inciampare li lasci correre via e non tornare

Luca

lunedì 2 marzo 2009

Scomparse

Scrive vicino la finestra sotto un cielo pieno di nubi. Guarda fuori e pensa che la ragazza del giornale oggi aveva gli occhi gonfi e poi che la ragazza d’acqua dolce ha finalmente smesso di chiedersi come mai. China leggermente il capo e torna a guardare il foglio. Picchietta con la punta della penna sulla scrivania e cerca le parole; da un po’ di tempo gli vengono in mente solo quelle che si possono pensare, l’importante è che non si dicano. Rinuncia, lascia la penna, apre il cassetto e ci ritrova la paura. Lo sbrana sempre lì, ogni giorno.
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mercoledì 25 febbraio 2009

Colore

Quello che ho è un pensiero regalato a notte fonda, un affetto incondizionato, svincolato dalle mie noie e i miei capricci, individui incredibili che fanno il mio buono e cattivo tempo, tesori che sopportano tutte le mie insicurezze ed apprensioni. E una bambina che mi prende per mano e mi porta via, dove i rumori ci sono ma non si sentono, le luci servono solo per guardare le ombre sul muro, la realtà è tutto quello che non si vede e non si tocca. Si preserva la mia grazia e io non perdo mai di vista il mio colore.
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lunedì 23 febbraio 2009

Orlo

Questa canzone mi ricorda qualcosa, chiudo un attimo gli occhi. “Cos’hai?” l’altro ieri ho visto un gatto che attraversava la strada, era un sogno in bianco e nero, ha a che a fare con un racconto. C’era la festa degli alberi di rose gialle, talmente carichi da aver piegati i rami, dall’odore tenevo a fatica il respiro, e ruote di cavalli di plastica come le giostre di tanti anni fa. C’era l’ultimo protagonista dei miei sogni ed era seduto sulle scale di casa di mia zia, guardava il foglio che teneva in mano e cantava questa canzone. Ero a metri di distanza, ma so cosa c’era scritto. Glielo vorrei tanto raccontare.
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Mollica

Nell’atrio pieno di riflessi d’acqua quando vado via non c’è mai nessuno, solo il custode ogni tanto passa immerso nel suo viavai, per chiudere tutte le porte. Ero quasi arrivata all’uscita principale quando sento una voce impostata, col tono di chi ad una parola ha pensato per ore, che mi dice “ascolta”. Le intenzioni valgono tutto e rendono tutto più facile o più difficile, a secondo dei casi, ma fanno la differenza. Questi due occhi verdi non hanno pudore, hanno sonno ma devono partire, sono di chi cambia umore e lo dà a vedere, lascia un regalo e non ha altro da dire.
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sabato 21 febbraio 2009

Fegato

Una cupola di luce nell’angolo in fondo a destra, colori e forme prendono vita e si evolvono non nel tempo né nello spazio. Violenza e velocità tagliano il buio a cinque metri dalla terra, verdi, forti, incontrastate, vicine. Un uomo ha un megafono, urla e dalla parte opposta del cono irregolare due gambe senza testa si dimenano, tradite dal passato e dal presente senza forma. Subito dopo una mano prende un coltello ed uccide la consuetudine, una caffettiera. Da questa parte respiro, contemplo, schernisco, imparo, ammiro, prendo atto, non sogno. La gamba destra del guerriero era un serpente con la bocca aperta, alla sinistra una firma rossa.
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venerdì 20 febbraio 2009

Uva

Se non mi vorrai non m’importa, lascerò le mie mani nel cortile del tuo palazzo e scenderò le scale pensandoti ancora. I giorni della fiera sono volati via con il mio fermaglio di farfalla ed i tuoi scherzi sono ancora nella mia macchina, ce li ho portati io andando via nella notte di freddo e nevischio. Ti penso nella mia stanza, i rimedi della nonna non funzionano sulla mia scrivania, tanto meno i ripari senza pioggia sulla mia testa. Vorrei che fossi qui e penso proprio a te, ora, nella mia stanza.
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martedì 17 febbraio 2009

Ragazzina, acqua e pennacchio


Enrico Prampolini - "Figura nello spazio" (1937)

lunedì 16 febbraio 2009

Giallo oro

Nasce in basso e sale, corre a spirale, velocemente su, fino alla testa. Brividi e muscoli tesi, ambra nei colori, tepore e afa. Galassie e nebulose di luci negli occhi, soffi sottili in folate di vento, parole bisbigliate su capelli sparsi. Morse senza tanti alibi e tracce di sale minerale lungo tutto il tratto. E’ mossa e non è a conoscenza di prove né a sottoposizione di precetti. Vive di vita propria, per mia grazia.
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domenica 15 febbraio 2009

Blu (un anno)

Un’immagine e lo stesso identico colore.
I contorni sono delle finestre da cui vedere le sfumature dell’inverno scorso.
Proponi tratti lunghi e decisi, buoni per la colazione, dopo io ho un desiderio.
Nel mio blu le matite servono eccome. Facciamo a metà.

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giovedì 12 febbraio 2009

Foce

Conosco un pesciolino
che a forza di nuotare
scoprì d'esser vicino
a dove dorme il mare
E il mare è così grande
la notte così scura
non puoi contar le onde
e mette un po' paura
Però quel pesciolino
raccolse il suo coraggio
e quando fu mattino
riprese il lungo viaggio


Guido Quarzo

mercoledì 11 febbraio 2009

Fata

Cammino per chilometri in una strada di questa parte della medaglia, dalla periferia colorata e rovente, al centro artificiale, alla campagna silenziosa e parlante. Camminiamo insieme e ci scambiamo le gambe, poi dopo per gran parte da sola, pensando di non stancarmi mai, di andare, guardare e sentire, ma andare, pensare, andare oltre le differenze, le ragioni, le abitudini, le dimostrazioni. Fare tutto solo per propria natura. Ho un’indole senza inquinamento ed un limite senza ritorno, l’ho raggiunto ed ora, davvero, non torno.
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Lorena

In qualcuno che ti sembra enorme, talmente grande da non vederne la fine, un sacco pieno di sapienza, di esperienza, di affetto, di attenzione, di riguardo, ci credi. Ci credi e non vuoi nemmeno pensare alle riserve, alle delusioni, alle attese, alle scelte, alle leggi, alle regole, ci credi perché fare altrimenti sarebbe assurdo, sarebbe stupidamente prudente. Ci credi perché non vuoi fare altrimenti. E quando cominci davvero a crederci, e non solo a pensare di volerci credere, d’improvviso chiude la porta e mette un cartello. Idealmente ti rimane il sacco, la vista, il miraggio, il ricordo, realmente ti rimane un surrogato di quello in cui credevi. Capita. Amen.

parentesi anomala, stranamente chiara, per promessa mantenuta
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martedì 10 febbraio 2009

Genealogia

Estia

Una scatola che si apre ed una piena improvvisa contro pareti di diga egizia. Vorrebbe vivere in una foresta fluviale inesplorata, stendersi a pancia in su sopra foglie argento e oro, vedere nient’altro che fronde di alberi mosse dal vento equatoriale, continuare a sentire niente. Me lo dice quasi in un orecchio, tramortita dalle medicine e dalle bestialità. E’ sentir parlare di antropizzazione in un palazzo di ottanta piani, volare in una cassa toracica piena di piume e di pioggia. Lascerà passare questo momento e sembrerà il più lungo della sera, prenderà spazio tra gli arbusti e aprirà di nuovo gli occhi.
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lunedì 9 febbraio 2009

Filtro

Cosa vedi ora? Vedo il tetto della tua casa ai piedi della collina, vedo tua nonna seduta sulla sedia di spago e di legno buono per fare il fuoco, vedo tua sorella che impara ad infilare anelli di lana con un ferro colorato, vedo tua zia che sgrana fagioli e che chiede perdono ad un signore irriconoscente. Vedo tua madre di fianco ai suoi timori e la vicina di casa che scruta silenziosa ogni fotogramma in successione. Vedo il sole basso dietro la linea dell’orizzonte e la luna che è praticamente già andata via, invocata da altre notti.
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Combinazioni

In sere così, costruita la zattera ero già in alto mare, senza onde grosse e pescicani in agguato, solo notte e blu scuro, e nessun altro all’infuori di me. Così per molto tempo, senza scegliere rotte e nemmeno vento, acqua ferma. Ad una festa da mangime ho conosciuto un fisico che mi ha raccontato che la saggezza ha a che fare con il moto dell’universo e che esiste una forza ignota che fa allontanare i corpi celesti ad una velocità sempre maggiore, una forza opposta a quella di gravità. E poi che alcune galassie hanno memoria di galassie distanti da loro più del tempo di vita dell’universo. Da alcuni anni ho smesso di costruire zattere, in sere così. Adesso ho un pensiero puntuale: ricordi con assoluta certezza il mio racconto di anni fa.
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mercoledì 4 febbraio 2009

63 al minuto

Terriccio ed aghi di pino, niente sale. Una sdraio a doghe di gomma rossa, i miei cugini assonnati e l’asciugamano bianco aveva un odore che non ho sentito mai più. Il volante della macchina di plastica dura, il gelato dall’altra parte della strada ed una mano per attraversare. Acqua. La notte prima quasi non chiudevo gli occhi, ma le notti prima non li chiudo tutt'ora. Martina dorme tra le mie braccia come io dormivo tra le loro, e baci nel sonno e da sveglia.
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martedì 3 febbraio 2009

Sviluppi VI

In fondo non è stato così male, se voglio essere proprio sincera. Avevo immaginato che aprendo gli occhi la luce mi facesse male e che il sole fosse più vicino di quanto non lo sia alla Terra. Niente di tutto questo. Il mondo fuori è quello che di più metropolitano e più ordinario si possa immaginare, alti edifici distratti e vetri resistenti alle intemperie. Le macchine sono parcheggiate sopra i marciapiedi, io cammino sull’asfalto e davanti a me, dove la via fa una curva, vedo un palazzo con su scritto “programma alimentare mondiale”. La foto di cui parlavo tempo fa è ancora con me, ci penso spesso, ma non la guardo più; l’elicottero cerca carburante in chissà quale parte del pianeta e forse, in un domani remoto, tornerà; il via vai c’è ancora, ma ora, qui fuori, è immerso tutto nel tutto e nel niente.
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