giovedì 9 luglio 2009

Pasticca

Come è cominciato ancora non lo so, forse tra corde spezzate e vetri rotti, nelle pozzanghere rimaste piene, passare dall’inverno ad un giorno di stelle con qualche livido in più. Come un corridoio segreto lascia immaginare l’arrivo, le bruciature trovano la propria cura nelle cicatrici, i panni sui fili svolazzano da una vita senza piume, il buio non nega ma a volte solo nasconde. Le parole non vanno a dormire, quando chiudo gli occhi e ritrovo le ali, aspettano qui che io ritorni, aspettano qui che io mi allontani. E io ritorno sempre e le disinfetto e mi prendo cura dei loro malanni, e prego perché un qualche dio le renda immortali, prego nella fretta di chi non le ascolta e le perde per strada, e perde dalle tasche bucate le finestre, le chiavi e gli occhiali. E spero che i casi non esistano ed esistano solo disegni strani, e che il prato, gli alberi, le nuvole, il cielo siano soggetti di occhi che desiderano e non lasciano al caso l’onore di provare, non lasciano correre via e perdere per chissà quali piani. E che il caso li faccia incontrare.
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